Nouakchott (Mauritania), 11 feb. (LaPresse/AP) – “Fa freddo e non abbiamo abbastanza per coprirci. La scorsa notte tre di noi hanno dovuto dormire con una coperta che sarebbe bastata a malapena per una persona”. Bahi Ag Mohamed è uno delle migliaia di cittadini del Mali costretti a lasciare il proprio Paese per cercare rifugio oltre confine in seguito alla rivolta dei ribelli tuareg. Ora, con altre otto persone, vive spaventato in una piccola stanza di una città della Mauritania, appena al di là della frontiera. La rivolta, iniziata il 17 gennaio e che ha visto i ribelli attaccare diverse città del nord del Paese, ha scatenato nei governi delle nazioni vicine al Mali e nelle agenzie umanitarie il timore di non riuscire affrontare un’eventuale crisi alimentare, ma anche la paura di una instabilità dell’area che potrebbe diventare contagiosa.

I tuareg, tradizionale popolazione nomade che vive nel deserto del Sahara, si sono sollevati più volte contro il governo del Mali da quando il Paese ha conquistato l’indipendenza dalla Francia nel 1960. Quest’ultima rivolta rompe anni di relativa tregua ed è stata alimentata dal ritorno dei tuareg dalla Libia dopo la partecipazione alla guerra nelle fila dell’esercito di Muammar Gheddafi. A condurla è il Movimento nazionale per la liberazione dell’Azawad, gruppo formatosi a ottobre che lotta per l’auto-determinazione nel nord del Mali. Nelle ultime settimane, la formazione ha attaccato sei città nel raggio di 800 chilometri nel nord del Paese. Il governo di Bamako ha accusato la formazione di combattere al fianco dell’ala di al-Qaeda nel Nordafrica, attiva nella regione. Ma il Movimento respinge le accuse.

“Le conseguenze umanitarie delle violenze nel nord del Mali stanno mettendo sotto tensione una parte del Sahel che è già duramente colpita da crisi alimentari ricorrenti e siccità”, ha commentato in settimana il Comitato internazionale della Croce rossa. Nel Sahel, zona semiarida che si sviluppa ai piedi del Sahara, si sta avvicinando il periodo di magra dell’anno, in cui le riserve di grano vanno in esaurimento prima del nuovo raccolto. In alcune aree questo periodo critico prende il via già ad aprile. “Le riserve sono molto scarse quest’anno”, spiega Stephen Cockburn, manager della rete di ong Oxfam per l’Africa occidentale. E le organizzazioni internazionali che stanno fornendo aiuti alimentari, aggiunge, saranno messe sotto ulteriori pressioni se dovranno occuparsi di altre migliaia di persone. Secondo la Croce rossa sono già 15mila i cittadini fuggiti dal Mali nel nord del Niger, un’area dove la popolazione locale è già a rischio carestia. “La zona del Niger in cui sono fuggite le persone è un’area che abbiamo già identificato come a forte rischio”, aggiunge Cockburn.

Non solo il Niger è però coinvolto in questo esodo di massa. Secondo l’ufficio dell’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni unite, 10mila persone, per lo più donne e bambini, hanno trovato rifugio nell’area orientale della Mauritania. Una zona che, secondo Oxfam, subirà quest’anno carenza di cibo. Altre 10mila sarebbero invece giunte in Burkina Faso, come rivela il ministro degli Esteri del Burkina, Djibril Bassolet. Tra i fuggitivi in questo Paese anche 72 membri delle forze di sicurezza. La situazione umanitaria, avverte il ministro, è preoccupante. Un gendarme tuareg che ha lasciato il Mali meridionale la scorsa settimana per recarsi a Ouagadougou rivela che molti, come lui, hanno trovato rifugio proprio nella capitale del Burkina. “Ma nella città di Bobo Dioulasso – aggiunge – la situazione è anche peggiore, lì ci sono persone che hanno addirittura allestito tende nello stadio”.

In Mali, dove secondo la Croce rossa 30mila persone sono sfollate internamente in seguito ai combattimenti, le condizioni umanitarie non sono migliori. “Alcuni di noi – spiega un uomo fuggito dalla città settentrionale di Timbuktu a un piccolo villaggio vicino considerato più sicuro – vivono in tende fatte di coperte. Le condizioni sono dure. Le persone che guidavano il centro sanitario sono fuggite e i prezzi degli alimentari sono alti”. Anche il presidente del Niger, Mahamadou Issoufou, intervenendo giovedì a Radio France International, si è detto preoccupato dell’impatto che la migrazione dal Mali al suo Paese potrebbe avere, soprattutto perché molte persone stanno varcando i confini del Niger anche per scappare dalle violenze nel nord della Nigeria. “Stiamo provando ad affrontare tutti questi problemi, anche se abbiamo avuto una cattiva stagione per l’agricoltura”, ha detto il presidente. Quest’anno il Paese africano ha infatti registrato un calo nella produzione di cereali di quasi 700mila tonnellate, così come un calo nei prodotti alimentari destinati ai bestiame.

I timori riguardano però anche l’instabilità politica che la rivolta dei tuareg potrebbe scatenare nell’area. Il ministro degli Esteri del Burkina Faso Bassolet si è detto preoccupato del fatto che i tuareg possano utilizzare il suo Paese come base da cui provare a destabilizzare il Mali e ha aggiunto che saranno prese misure per garantire che nessuno varchi i confini armato. “Ogni atto o dichiarazione che possa minare la sicurezza della repubblica del Mali non sarà tollerata dal governo del Burkina”, ha detto. Più tranquillizzante la visione del presidente del Niger Issoufou, il quale minimizza il rischio che la rivolta tuareg possa riaccendere i movimenti del gruppo in Niger. “Abbiamo condotto molti sforzi e messo in pratica un vasto programma di sviluppo economico e sociale nelle zone settentrionali”, ha detto il presidente. “E anche i vecchi capi della ribellione – ha aggiunto – hanno fatto la loro parte per mettere in atto questo programma”.

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