Tripoli (Libia), 6 ott. (LaPresse/AP) – Le forze speciali statunitensi hanno condotto un raid a Tripoli, capitale della Libia, dove hanno catturato Nazih Abdul-Hamed al-Ruqai, noto con l’alias di Anas al-Libi, una delle figure di spicco di al-Qaeda, ricercato per gli attentati del 1998 alle ambasciate americane in Tanzania e Kenya. Il Pentagono ha già confermato l’operazione. Al-Libi, ha fatto sapere il portavoce George Little, “è attualmente detenuto in modo regolare dalle forze militari Usa in una località sicura fuori dalla Libia”. Un’operazione quella nel Paese nordafricano che si affianca a quella condotta ieri mattina a Barawe, in Somalia, dove, ha confermato ad Associated Press un funzionario Usa rimasto anonimo, una squadra di Navi Seals ha compiuto un raid in cerca di un sospetto di al-Qaeda legato all’attacco al centro commerciale Westgate di Nairobi, avvenuto il 21 settembre scorso. Questa operazione non è però andata a buon fine.

L’OPERAZIONE. I membri della famiglia di al-Libi riferiscono che uomini armati su un convoglio di tre automobili hanno sequestrato l’uomo fuori dalla sua casa a Tripoli. Si pensa che il sospetto terrorista sia tornato in Libia nel corso della guerra civile del 2011 che ha portato alla caduta di Muammar Gheddafi. Il fratello, Nabih, spiega che il 49enne stava parcheggiando fuori dall’abitazione nelle prime ore della mattina di ieri, dopo la preghiera dell’alba, quando il suo veicolo è stato circondato. Gli uomini armati hanno rotto il vetro dell’auto e sequestrato la sua pistola, prima di catturare al-Libi e fuggire. La moglie, racconta ancora il fratello, ha assistito alla cattura dalla finestra di casa e ha descritto gli autori come un “commando” armato. Fonti Usa riferiscono che non si sono registrate vittime o feriti tra le forze speciali nel corso dell’operazione.

CHI E’ AL-LIBI. Al-Libi era una delle figure più ricercate nella lista dell’Fbi, con una taglia sulla testa di 5 milioni di dollari. Era stato incriminato da un tribunale federale del distretto meridionale di New York per il suo presunto ruolo negli attentati avvenuti contro le ambasciate Usa in Kenya e Tanzania il 7 agosto del 1998, in cui morirono oltre 220 persone. L’uomo è ritenuto uno specialista dell’ambito informatico per al-Qaeda. Ha studiato ingegneria elettronica e nucleare, laureandosi proprio a Tripoli, ed era un attivista anti-Gheddafi. Si crede che in passato abbia trascorso periodo in Sudan, dove Osama bin Laden viveva nei primi anni ’90. Dopo che il numero uno di al-Qaeda fu costretto a lasciare il Paese africano, al-Libi andò nel Regno Unito nel 1995, dove ottenne asilo politico sotto circostanze non chiare e si stabilì a Manchester. Venne quindi arrestato da Scotland Yard nel 1999, ma poi rilasciato per mancanza di prove. Quindi lasciò il Paese. In precedenza erano già state diffuse notizie sul suo arresto, poi smentite dagli Usa. Nel 2007, Human Rights Watch disse di ritenere che al-Libi fosse una delle circa 20 persone detenute nelle carceri segrete della Cia.

IL RITORNO IN LIBIA. Come spiega un amico, che ha chiesto di rimanere anonimo, la famiglia di al-Libi tornò in Libia un anno prima che scoppiasse la rivolta contro Gheddafi, grazie a un’iniziativa del figlio del raìs, Saif al-Islam che mirava a trovare una riconciliazione con i militanti che avessero rinunciato alla violenza. L’uomo spiega che il figlio di al-Libi è rimasto ucciso durante la guerra civile quando i ribelli marciarono verso la capitale, rovesciando Gheddafi. Il nome del ragazzo è disegnato sui mura dalle strade del quartiere dove la famiglia ancora vive, in un quartiere di Tripoli.

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