Roma, 23 set. (LaPresse) – Almeno 12 alpinisti, fra cui un italiano, sono morti sul monte Manaslu in Nepal in seguito a una valanga che ha travolto il campo tre e parte del campo 2. La vittima, 66 anni, si chiama Alberto Magliano. Alpinista non professionista ma di larga esperienza, si trovava in quota con altri due italiani, Silvio Gnaro Mondinelli, Christian Gobbi. “Siamo stati travolti dalla valanga”, racconta Mondinelli. “Ha portato via una trentina di tende – spiega – mentre dormivamo. Abbiamo perso due nostri compagni: uno sherpa e un nostro compagno di Milano. La montagna è fatta così. Eravamo in un posto tranquillo – ha aggiunto -. Abbiamo contato 12 corpi estratti dalle tende, ma forse ce ne sono ancora sotto. L’elicottero non può più volare, perché sopra è nuvoloso per cui le ricerche riprenderanno domani. I corpi verranno portati a Kathmandu”.

Magliano è noto per essere stato il primo alpinista non professionista ad aver conquistato le ‘seven summits’, le vette più alte di ogni continente. Il Manaslu è l’ottava montagna più alta del mondo (8.163 metri) e si trova nella catena montuosa dell’Himalaya. “Perché scalare una montagna? Perché è lì”, era una delle citazioni preferite di Magliano, che prendeva a prestito le parole di George Leigh Mallory, precursore del moderno himalaysmo. Nato a Trieste il 24 novembre 1945, Magliano viveva a Milano dove è stato dirigente d’azienda prima e consulente poi. Si era sposato due volte e aveva una figlia, Silvia. L’alpinismo era la sua passione, non la sua professione, ma i risultati raggiunti negli anni erano equiparabili a quelli dei grandi alpinisti italiani che hanno fatto la storia, come Mondinelli. E così, all’età di 66 anni, si trovava sul Manaslu con lui.

Magliano iniziò a praticare l’alpinismo tardi, a 35 anni, in seguito all’incontro con Paolo Masa, arrampicatore e guida alpina, che lo fece avvicinare a questo mondo. Alberto considerava la montagna “il luogo della mia libertà”, come lui stesso scriveva sul suo sito ufficiale. “L’alpinismo così interpretato – scriveva ancora – diventa una straordinaria attività di vita, molto più di uno sport, ma nulla a che vedere con un lavoro: un modo di vivere, forse addirittura una visione del mondo”.

Poco dopo essersi avvicinano al mondo della montagna e dell’alpinismo, elaborò il progetto ambizioso di scalare le ‘Seven Summits’, i picchi più alti di ogni continente e divenne il primo alpinista non professionista ad aver portato a termine l’impresa. Fra le sette vette più alte ci sono l’Everest, l’Aconcagua in Sud America e il Kilimangiaro in Africa.

Magliano era “una persona molto colta”, è il ricordo di Marco Confortola, alpinista italiano che si trova al campo base sul Manaslu. “Frequentava – racconta – la montagna spesso con le guide alpine. Era già stato sull’Himalaya molte volte”. “Questa valaganga – sottolinea Confortola – non è da imputare agli alpinisti. E’ stato un seracco a staccarsi e questa valanga purtroppo ha coinvolto il campo 3. Bisogna stare attenti a dare colpe a persone che non hanno colpe. Sicuramente in tutti gli sport abbastanza estremi c’è un rischio”. Il seracco è un crepaccio che si forma nel ghiaccio, lasciando un vuoto scarsamente visibile sotto il livello della neve, che provoca squilibri e causa a volte valanghe.

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