Erbil (Iraq), 2 apr. (LaPresse/Reuters) – Le donne che si recano in Medioriente per unirsi allo Stato islamico non cercano soltanto di diventare spose dei jihadisti, ma assumo nuovi ruoli sulla linea del fronte, occupandosi di logistica e intelligence o lavorando come medici. Ad affermarlo sono fonti militari ed esperti che studiano i fenomeni legati al gruppo estremista. La presenza femminile nei campi di battaglia del gruppo noto precedentemente come Isis è insolita, visto che il gruppo estremista ha imposto rigide restrizioni sull’abbigliamento e comportamento delle donne, relegandole a un ruolo domestico. Sembra tuttavia che con l’arrivo di centinaia di aspiranti jihadisti stranieri, questo ruolo tradizionale delle donne venga messo in discussione.

Il colonnello Rafat Salim Raykoni, a capo di un’unità di intelligence dei peshmerga curdi in Iraq, ha riferito che donne combattenti sono state viste intorno alla città di Sinjar. “Non sono molte – ha precisato – ma stanno iniziando ad arrivare alla linea del fronte. Qui a Sinjar sono molto attive”. Le stesse notizie sono state riportate da altri comandanti militari in Iraq e Siria, anche se finora non si sa nulla di donne uccise in scontri.

Pareen Sevgeen, la comandante della milizia femminile curda Yja Star, ha riferito che mentre stava combattendo a nord di Sinjar la sua unità aveva intercettato comunicazioni tra jihadisti. “Abbiamo sentito una donna dare degli ordini a uomini. Diceva: ‘andate qui o lì, a destra o a sinistra’. Era chiaramente un comandante”, ha raccontato Sevgeen.

Questo cambiamento è riflesso in un recente manifesto della brigata Al-Khansaa dello Stato islamico, composta solo da donne. Il compito dell’unità è di rintracciare e arrestare donne che violano le regole morali dell’organizzazione. Nel manifesto, tradotto in inglese dal think-tank londinese Quilliam Foundation, si afferma che le donne possono abbandonare il loro ruolo domestico per il jihad “se il nemico attacca il loro Paese e se non ci sono abbastanza uomini per proteggerlo, e se gli imam emettono una fatwa in merito”.

Anche in passato, sottolinea David Romano, professore di scienze politiche alla università del Missouri, ci sono stati casi di donne combattenti nel mondo islamico, come nel caso della crisi degli ostaggi nel teatro Dubrovka a Mosca nel 2002, a cui parteciparono 40 assalitori islamici, fra donne e uomini.

Un comandante peshmerga, Wahid Koveli, ha confermato di aver intercettato almeno due volte comunicazioni tra donne membri dell’Isis. “Donne combattenti – ha affermato – hanno iniziato ad arrivare alla linea del fronte. Potrebbe significare che lo Stato islamico è in difficoltà e sta iniziando a sfruttare tutti per combattere”.

Fonte Reuters – Traduzione LaPresse

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