Baghdad (Iraq), 10 set. (LaPresse/AP) – Il vicepresidente iracheno Tariq al-Hashemi ha respinto la sentenza di condanna a morte nei suoi confronti, pronunciata ieri in absentia, definendola politicamente motivata e dicendo che essendo stata voluta dal premier Nouri al-Maliki anziché essere un’onta rappresenta un onore. Al-Hashemi, sunnita, è stato condannato perché riconosciuto colpevole di aver gestito gruppi di terroristi e organizzato attacchi contro politici e funzionari del governo sciiti.

Al-Hashemi, in esilio in Turchia, ha tenuto stamattina una conferenza stampa nel corso della quale ha definito il processo contro di lui come illegittimo e ha accusato al-Maliki di averlo orchestrato. Il vicepresidente ha ribadito di essere innocente. Il governo a guida sciita aveva annunciato le accuse contro il vicepresidente a dicembre, quando le ultime truppe statunitensi si erano ritirate dal Paese. Da allora al-Hashemi è fuggito. Secondo la legge, se tornasse in Iraq per affrontare le accuse potrebbe ottenere un nuovo processo.

“Respingo totalmente e non riconoscerò mai” questo verdetto, ha detto al-Hashemi durante la conferenza stampa ad Ankara. “Considero questa sentenza – ha aggiunto – come una medaglia d’onore sul mio petto, perché dietro di lui c’è solo al-Maliki e nessun altro”. Il vicepresidente ha ribadito nuovamente la sua “assoluta innocenza”, aggiungendo che “la condanna a morte è il prezzo che devo pagare per l’amore per il mio Paese e la mia lealtà al mio popolo”. “Sono pronto – ha affermato – a presentarmi davanti a un sistema giudiziario giusto, non come quello corrotto e influenzato da al-Maliki”. “Non sono preoccupato per la mia vita – ha dichiarato il vicepresidente – ma piuttosto per il futuro del mio Paese”.

Il tribunale di Baghdad ha condannato anche il genero di al-Hashemi per gli omicidi di un avvocato e un ufficiale di sicurezza. I due sono stati invece assolti in merito a un terzo caso, per mancanza di prove. Entrambi hanno 30 giorni per presentare ricorso. Il vicepresidente è sulla lista delle persone più ricercate dall’Interpol, ma le autorità della Turchia non hanno dimostrato l’intenzione di estradarlo in Iraq. Le accuse contro al-Hashemi hanno alimentato negli ultimi mesi le tensioni tra sunniti e curdi da una parte e sciiti dall’altra, con questi ultimi accusati di aver monopolizzato il potere.

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