Gerusalemme, 20 mag. (LaPresse/EFE) – Grandi polemiche in Israele in seguito al varo del provvedimento che vieta l’utilizzo dei bus israeliani verso la Cisgiordania ai lavoratori palestinesi. Questa mattina il primo ministro Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Moshe Ya’alon, in seguito alle dure critiche della società civile, hanno deciso di sospendere il programma pilota lanciato ieri.

Secondo il progetto, ideato dallo stesso Ya’alon, gli operai palestinesi che si recano in Israele per lavoro avrebbero dovuto fare rientro ai territori occupati della Cisgiordania passando attraverso gli stessi controlli militari dell’andata e non avrebbero più potuto rientrare a casa sui comuni autobus israeliani. Ogni giorno centinaia di palestinesi effettuano questo percorso per poter andare a lavorare e si sottopongono a controlli militari a cui presentano i propri permessi di lavoro e spostamento.

Normalmente questi lavoratori, che godono di un’autorizzazione speciale israeliana, rientrano sul suolo della Cisgiordania al termine della giornata sugli autobus generalmente utilizzati dai coloni per spostarsi dal centro di Israele fino a insediamenti come Ariel. Secondo il nuovo piano, i palestinesi diretti in Israele attraverso i passaggi di Rayhan, Hala, Eliahu e Eyal avrebbero dovuto sottoporsi a controlli anche sulla strada del ritorno. Ma soprattutto non avrebbero più potuto utilizzare i comuni bus israeliani.

Quando la misura venne annunciata a ottobre, i media israeliani precisarano che il piano si scontrava con la posizione del ministero dei Trasporti, secondo cui non si può impedire a qualcuno di utilizzare gli autobus. La decisione ha fatto seguito alle forti pressioni esercitate dai dirigenti coloni in direzione del divieto. Le critiche sono state immediate. La ong Yesh Din ha definito il provvedimento “razzista e vergognoso”, capace di “causare un grave deterioramento morale in Israele”. E ha annunciato un ricorso al tribunale supremo di giustizia.

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