Naypyidaw (Birmania), 8 dic. (LaPresse/AP) – La produzione di oppio è calata in Birmania per la prima volta di dieci anni. Secondo il rapporto annunale delle Nazioni unite, i produttori birmani hanno raccolto 670 tonnellate di oppio, duecento in meno rispetto al 2013. La riduzione, spiega l’ufficio Droga e criminalità dell’Onu che cura il rapporto, è dovuta a un calo della resa delle colture legata alle condizioni meteo, essendo stata l’area complessiva messa a coltivazione più o meno analoga a quella dell’anno precedente, circa 57.600 ettari.

La produzione di oppio è illegale in Birmania ma resta comunque estremamente difficile da sradicare, essendo l’unica fonte di sostentamento per migliaia di famiglie di agricoltori.

“Non hanno alternative a questo tipo di economia – spiega Jeremy Douglas, responsabile locale dell’ufficio -. Non è solo una questione di rendimento, ci sono diverse ragioni. Per esempio il trasporto. Chi acquista l’oppio va sul posto a prenderlo, mentre con le altre colture i contadini devono farsi carico del trasporto”.

La Birmania è il secondo Paese al mondo per produzione di oppio dopo l’Afghanistan, e la produzione nel sudest asiatico è cresciuta stabilmente dal 2006, parallelamente alla domanda mondiale, che ha spinto i prezzi verso l’alto. Il calo di produzione, ora, spingerà ulteriormente i prezzi verso l’alto e gli spacciatori quindi a tagliare di più la sostanza, col prevedibile risultato che aumenteranno i morti di overdose nelle strade di Europa e Stati Uniti.

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