Oggi si è svolta l'udienza all'Alta Corte di Londra sul possibile trasferimento del fondatore di Wikileaks negli Stati Uniti
Julian Assange ha affrontato stamattina un’udienza chiave del suo caso giudiziario presso l’Alta Corte di Londra. Il tribunale britannico ha stabilito che il fondatore di WikiLeaks potrà ricorrere in appello contro l’ordine di estradizione negli Stati Uniti per l’accusa di spionaggio. I due giudici hanno dichiarato che Assange ha le basi per contestare l’ordine di estradizione del governo britannico.
Assange rischia di essere condannato negli Stati Uniti a 175 anni di carcere per 17 accuse di spionaggio e di un’accusa di uso improprio di computer dopo la pubblicazione sul suo sito web di una serie di documenti riservati quasi 15 anni fa. L’esperto informatico australiano ha trascorso gli ultimi cinque anni in un carcere britannico di massima sicurezza dopo essersi rifugiato per sette anni nell’ambasciata ecuadoriana a Londra.
Il fondatore di WikiLeaks non era presente in aula per ascoltare la discussione. Il suo avvocato Edward Fitzgerald ha dichiarato che Assange non ha partecipato per motivi di salute. Secondo lo stesso Fitzgerald, gli Stati Uniti hanno fornito garanzie “palesemente inadeguate” rispetto a un ipotetico futuro di Assange negli Usa.
Fitzgerald ha sostenuto che i pubblici ministeri non sono riusciti a garantire che Assange possa godere della protezione per la stampa prevista dal Primo emendamento della Costituzione americana. “Il vero problema è se sia stata fornita un’adeguata garanzia per eliminare il rischio reale identificato dalla corte”, ha specificato Fitzgerald.
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata