Dal nostro inviato Fabio De Ponte New York (New York, Usa), 24 set. (LaPresse) – “Mettere fine alla povertà in tutte le sue forme ovunque”. E’ il primo dei 17 punti della Agenda 2030, il documento programmatico che raccoglie gli obiettivi delle Nazioni Unite dei prossimi 15 anni. Il documento, breve per una piattaforma definita da un percorso diplomatico, appena 34 pagine, appare sorprendentemente efficace. Ma anche, allo stesso tempo, forse troppo ambiziosa. Difficile immaginare che in quindici anni si possa raggiungere un obiettivo di questa portata. Seguito peraltro da altri 16, altrettanto impegnativi: “Mettere fine alla fame”, “assicurare vite sane” in tutto il pianeta, “assicurare una qualità dell’educazione inclusiva ed equilibrata”, “raggiungere l’uguaglianza dei sessi”, “assicurare acqua” a tutto il mondo, e “accesso all’energia”. E ancora, “promuovere una crescita economica sostenuta, inclusiva e sostenibile”, realizzare “una industrializzazione sostenibile” in tutti i Paesi, “ridurre le ineguaglianze” e persino “rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, solidi e sostenibili”.

Il documento, intitolato ‘Trasformare il nostro mondo: L’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile’, definisce, per arrivare ai 17 obiettivi, 169 target specifici e rappresenta, per il segretario generale Ban Ki-moon, “una svolta storica”, perché per la prima volta sono chiamati all’azione tutti i Paesi, quelli ricchi ma anche quelli poveri e a medio reddito. E per la prima volta l’obiettivo di mettere fine alla povertà viene correlato alla necessità di compiere sforzi per la crescita economica.

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