Milano, 13 mag. (LaPresse/Finanza.com) – Tra il 2001 e il 2011 la corruzione in Italia ha bruciato 10 miliardi di euro l’anno di Pil per complessivi 100 miliardi in dieci anni. Sono i dati allarmanti nell’ultimo studio pubblicato da Unimpresa, secondo cui il fenomeno della corruzione in Italia diminuisce gli investimenti esteri del 16% e fa aumentare del 20% il costo complessivo degli appalti. Inoltre le aziende che operano in un contesto corrotto crescono in media del 25% in meno rispetto alle concorrenti che operano in un’area di legalità. Per il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, “l’inchiesta su Expo 2015 rende urgente un intervento serio da parte del Governo e del Parlamento per ridurre i costi dell’illegalità che gravano sulle imprese italiane”.

Lo studio di Unimpresa parte dal presupposto che il costo della corruzione nell’Unione Europea raggiunge i 120 miliardi di euro l’anno, pari all’1% del Pil dell’Ue. La corruzione può far aumentare del 20% i costi complessivi dei contratti di appalti pubblici. Allargando l’orizzonte, si legge nello studio, “nel mondo ogni anno si pagano più di 1.000 miliardi di dollari di tangenti e va sprecato, a causa della corruzione, circa il 3% del Pil mondiale: a questi danni economici vanno aggiunti quelli altrettanto gravi del degrado etico e sociale”. Secondo una recente analisi internazionale, il peggioramento di un punto dell’indice di percezione della corruzione in un campione di Paesi determina una riduzione annua del Pil pari allo 0,39% e del reddito pro capite pari allo 0,41%. “Visto che l’Italia nel decennio 2001-2011 ha visto un crollo del proprio punteggio nel Cpi da 5,5 a 3,9, si può stimare una perdita di ricchezza causata dalla corruzione pari a circa 10 miliardi di euro annui in termini di Pil, circa 170 euro annui di reddito pro capite ed oltre il 6% in termini di produttività”, calcola Unimpresa. Senza dimenticare, come spiegato nello studio, che la corruzione diffusa altera la libera concorrenza e favorisce la concentrazione della ricchezza “in capo a coloro che accettano e beneficiano del mercato della tangente a scapito di coloro che invece si rifiutano di accettarne le condizioni”.

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