Nel primo si è registrato un lieve recupero, ma la nostra economia resta debole

Nel primo trimestre 2019, il prodotto interno lordo italiano ha registrato un lieve recupero, condizionato dalla modesta crescita di consumi ed esportazioni. E' quanto rileva l'Istat nel Rapporto annuale 2019. Ma nel breve termine, l'indicatore anticipatore pubblicato mensilmente dall'Istat indica il proseguimento della fase di debolezza per la nostra economia, seppur con una minima attenuazione. La probabilità di contrazione del Pil nel secondo trimestre "è relativamente elevata".

La stima è ottenuta con una procedura che permette di individuare i settori manifatturieri con caratteristiche leading rispetto al ciclo economico. Secondo l'Istat la stima è di 0,65, su una scala che ha valore zero per la situazione di espansione e valore 1 per quella di contrazione dell'economia. Per il 2019 l'Istat prevedeva un aumento del Pil dello 0,3%.

Le recenti previsioni Istat per l'economia italiana "stimano, per il 2019, un ulteriore rallentamento della crescita". La modesta espansione sarebbe supportata solo dalla domanda interna e, in particolare, dai consumi privati. La decelerazione delle esportazioni e importazioni in volume, legata soprattutto per la prima componente a fattori esogeni internazionali, è invece attesa determinare un contributo nullo della domanda estera netta.

Secondo l'Istat nel 2018, l'Italia ha proseguito il percorso di riequilibrio dei conti pubblici. L'indebitamento netto in rapporto al Pil nominale è sceso dal 2,4 al 2,1%, portando a mezzo punto percentuale il miglioramento rispetto al 2015. Tale risultato è stato favorito da un ulteriore ampliamento del saldo primario che ha raggiunto l'1,6% in rapporto al Pil, collocandosi sopra la media dell'area euro. Tuttavia, tali progressi non sono stati sufficienti ad arrestare la dinamica del debito, la cui incidenza sul Pil nominale è salita al 132,2%, in aumento di 0,8 punti percentuali rispetto al 2017. 

Gli investimenti nel primo trimestre 2019 hanno mostrato un miglioramento guidato dalle costruzioni. Dal lato dell'offerta, è mancata la spinta alla crescita del settore dei servizi mentre manifattura, costruzioni e agricoltura sono risultate in aumento. Nel 2018, la domanda estera netta ha fornito un contributo marginalmente negativo (per un decimo di punto) alla crescita del prodotto interno lordo, come sintesi di un rallentamento della dinamica delle esportazioni di beni e servizi in volume superiore a quello registrato dalle importazioni. 

Livello occupazione 2018 – Nel 2018 l'occupazione aumenta per il quinto anno consecutivo (+192 mila persone, +0,8%), sebbene con minore intensità rispetto ai due anni precedenti (+1,2 e +1,3%, rispettivamente, nel 2017 e 2016). Il livello dell'occupazione torna a essere il più alto degli ultimi dieci anni, superando di 125 mila unità quello del 2008 (+0,5%). Anche il tasso di occupazione della popolazione tra 15 e 64 anni (58,5%) sfiora i livelli massimi del 2008. I disoccupati si riducono per il quarto anno consecutivo nel 2018 (-151 mila, -5,2%), rimanendo tuttavia 1 milione e 100 mila in più rispetto a quelli del 2008. Il tasso di disoccupazione ha seguito lo stesso andamento, raggiungendo il 10,6% (6,7% nel 2008). 

In aumento tempo determinato e part-time involontario – Il forte aumento del lavoro alle dipendenze nel corso del decennio è dovuto essenzialmente al tempo determinato (+760 mila unità rispetto al 2008) anche se tra il 2014 e il 2017 la componente a tempo indeterminato ha gradualmente recuperato le perdite subite durante la crisi. Dopo un nuovo arretramento nel 2018 (-108 mila, -0,7%), l'occupazione dipendente a carattere permanente ha mostrato segni di recupero nei primi mesi del 2019. Sebbene il numero di occupati abbia superato i livelli pre-crisi, il volume di lavoro misurato in termini di ore lavorate è ancora significativamente inferiore. Rispetto al 2008 si contano complessivamente 876 mila occupati a tempo pieno in meno e un milione di occupati part-time in più. Sono aumentati in particolare gli occupati in part-time involontario (quasi un milione e mezzo in più rispetto al 2008), il cui peso sul totale dei lavoratori a orario ridotto ha raggiunto nel 2018 il 64,1%. Il lavoro a tempo pieno è comunque tornato a crescere negli ultimi anni (+684 mila unità fra il 2013 e il 2018). 

Aumento dell'occupazione – Nel 2018, il mercato del lavoro ha risentito solo in parte del rallentamento economico e l'occupazione ha continuato a crescere. Le stime di contabilità nazionale relative all'input di lavoro nel totale dell'economia indicano, nella media dell'anno, un aumento dell'occupazione dello 0,9%. Nei primi mesi del 2019, il numero di occupati ha mantenuto un'evoluzione positiva. 

Ampliati i divari territoriali – Nel decennio 2008-2018 si sono ulteriormente ampliati i divari territoriali. Nel 2018 il recupero dell'occupazione al Centro-nord, iniziato nel 2013, ha portato al superamento del numero di occupati rispetto al 2008 (384 mila, +2,3%) mentre nel Mezzogiorno il saldo è ancora ampiamente negativo (-260 mila; -4,0%). Nel 2018 meno della metà degli occupati nel Mezzogiorno può contare su un lavoro stabile e a tempo pieno (48,8%, in calo di 5,5 punti percentuali), contro il 54% del Centro-nord (-2,6 punti percentuali). Benché in diminuzione, resta inoltre molto più elevato nel Mezzogiorno il tasso di lavoro irregolare. 

Record negativo nascite – Il declino demografico è dovuto al saldo naturale sempre più negativo per effetto della diminuzione delle nascite e dell'aumento tendenziale dei decessi; secondo i dati provvisori relativi al 2018 sono stati iscritti in anagrafe per nascita oltre 439 mila bambini (dato record), quasi 140 mila in meno rispetto al 2008, mentre i cancellati per decesso sono poco più di 633 mila, circa 50 mila in più. La diminuzione della popolazione femminile tra 15 e 49 anni osservata tra il 2008 e il 2017 – circa 900 mila donne in meno – spiega circa i tre quarti del calo di nascite che si è verificato nello stesso periodo. La restante quota dipende dalla diminuzione della fecondità (da 1,45 figli per donna del 2008 a 1,32 del 2017). La diminuzione delle nascite è attribuibile prevalentemente al calo dei nati da coppie di genitori entrambi italiani, che scendono a 359 mila nel 2017 (oltre 121 mila in meno rispetto al 2008). 

Popolazione in calo – La popolazione residente in Italia è in calo dal 2015. Al 1° gennaio 2019 si stima che la popolazione ammonti a 60,4 milioni, oltre 400 mila residenti in meno rispetto al 1° gennaio 2015 (-6,6 per mille). E' quanto rileva l'Istat nel Rapporto annuale 2019. Il contributo dei cittadini stranieri alla natalità della popolazione residente si va lentamente riducendo. Dal 2012 al 2017 diminuiscono, infatti, anche i nati con almeno un genitore straniero (oltre 8 mila in meno) che scendono sotto i 100 mila (il 21,7% del totale). La popolazione straniera residente sta a sua volta invecchiando: considerando la popolazione femminile, la quota di 35-49enni sul totale delle cittadine straniere in età feconda passa dal 42,7% del 1° gennaio 2008 al 52,4% del 1° gennaio 2018.

Italia sempre più vecchia – La transizione nell'età anziana delle generazioni del baby boom, oggi nella fase adulta della vita, è la principale determinante del futuro invecchiamento della popolazione. Le conseguenze più rilevanti riguarderanno però la popolazione in età attiva, che subirà un'intensa riduzione della forza lavoro potenziale. Nei prossimi anni le coorti in uscita risulteranno numericamente superiori a quelle in ingresso. Nel 2050, la quota dei 15-64enni potrà scendere al 54,2% del totale, circa dieci punti percentuali in meno rispetto a oggi. E' quanto rileva l'Istat nel Rapporto annuale 2019. Si tratta di oltre 6 milioni di persone in meno nella popolazione in età da lavoro. L'Italia sarebbe così tra i pochi paesi al mondo a sperimentare una significativa riduzione della popolazione in età lavorativa. 

Aumentano gli over 85 – L'aumento della vita media determina l'incremento dei cosiddetti "grandi anziani". Al 1° gennaio 2019 si stimano circa 2,2 milioni di individui di età pari o superiore agli 85 anni, il 3,6% del totale della popolazione residente (15,6% della popolazione di 65 anni e oltre). L'Italia, insieme alla Francia, detiene il record europeo del numero di ultracentenari, quasi 15 mila. Nel 2017 un uomo può godere di buona salute in media 59,7 anni, una donna 57,8 anni. Le donne, sebbene più longeve degli uomini, vivono un maggior numero di anni in condizioni di salute via via più precarie; sono infatti maggiormente colpite da patologie croniche meno letali, che insorgono più precocemente e diventano progressivamente invalidanti con l'avanzare degli anni. 

Povertà assoluta – Non accenna a diminuire la povertà assoluta, la cui incidenza è più che raddoppiata negli ultimi 10 anni, dal 3,6 all'8,4%. E' quanto rileva l'Istat nel suo rapporto annuale. L'indicatore tocca il massimo nel Mezzogiorno, dove passa dal 5,2% nel 2008 all'11,4% nel 2018, e tra i minorenni e i giovani di 18-34 anni, per i quali si registra il maggiore incremento negli ultimi dieci anni (rispettivamente +8,9 e +6,4 punti percentuali). 

Peggiora la partecipazione civica e politica – In peggioramento la partecipazione civica e politica, da 67,4 a 59,4% nel periodo 2011-2017. Negativo anche il trend degli indicatori che riguardano la qualità e la tutela del paesaggio: cresce la quota di persone non soddisfatte per il paesaggio del luogo di vita, da 18,3% nel 2012 a 21,4% nel 2018. 

Stili di vita – Segnali positivi si riscontrano negli indicatori relativi agli stili di vita: in diminuzione la quota di fumatori, i comportamenti a rischio nel consumo di alcol e la sedentarietà. Nel 2018 risale al 41,4% la quota di persone molto soddisfatte per la propria vita, pur senza recuperare il valore del 2010 (43,4%). Aumenta sensibilmente la presenza delle donne nei luoghi decisionali e politici, ma rimane comunque minoritaria. Nel dominio Innovazione, ricerca e creatività la quota di lavoratori della conoscenza passa dal 13,1% nel 2008 al 17,4% nel 2018. 

Giovani rinviano famiglia e figli – L'analisi congiunta dei tempi di uscita dalla famiglia di origine e delle motivazioni suggerisce che la posticipazione della transizione allo stato adulto ha sempre più un carattere strutturale. Il prolungamento dei percorsi di istruzione e formazione, le difficoltà nell'inserimento e nella permanenza nel mercato del lavoro, nonché il conseguente ritardo dell'uscita dalla famiglia di origine e della formazione di un nuovo nucleo hanno determinato il cronicizzarsi di questo fenomeno. Le differenze generazionali indicano un incremento dell'età mediana all'uscita: da circa 25 anni per i nati nel Secondo dopoguerra a circa 28 anni per la generazione degli anni Settanta. Nel 2016 è uscito dalla famiglia di origine il 43,3% dei giovani di 20-34 anni (46,3% nel 2009). L'uscita dalla famiglia di origine non comporta necessariamente la formazione di un'unione: vive in coppia, da coniugati e non, solo il 29,1% dei giovani tra i 20 e i 34 anni, una percentuale molto più bassa rispetto al 1998 (37,9%). La posticipazione nella formazione di una propria famiglia e nell'avere figli è più evidente nella fascia di età 30-34 anni, in particolare nella popolazione femminile. Nel 2016 è uscito dalla famiglia di origine il 78,4% delle donne contro il 65,1% degli uomini. 

Giovani a casa sempre più a lungo – I giovani escono dalla famiglia di origine sempre più tardi sperimentando, rispetto alle precedenti generazioni, percorsi di vita più vari e meno lineari del passato che spostano in avanti le tappe principali di transizione allo stato adulto. Al 1° gennaio 2018 i giovani dai 20 ai 34 anni sono 9 milioni 630 mila, il 16% del totale della popolazione residente; rispetto a 10 anni prima sono diminuiti di oltre 1 milione 230 mila unità (erano il 19% della popolazione al 1° gennaio 2008). Più della metà (5,5 milioni), celibi e nubili, vive con almeno un genitore. 

Aumentano i laureati sovraistruiti – L'aumento del livello di istruzione degli occupati, in un contesto che ha visto solo negli ultimi anni una ripresa del lavoro qualificato, ha comportato un progressivo aumento della quota di laureati occupati in un lavoro che richiede un titolo di studio inferiore. Nel 2018 i laureati "sovraistruiti" sono circa 1,8 milioni, in aumento nel quinquennio 2013-2018 dal 32,2 al 34,1%. E' quanto rileva l'Istat nel suo Rapporto annuale 2019. L'innalzamento del livello medio di istruzione della popolazione fa sì che il ricambio generazionale degli occupati avvenga in favore di coorti sempre più istruite. Conseguentemente, aumenta nel decennio la quota di laureati tra gli occupati, dal 17,1% al 23,1% (pari a 1 milione 431 mila laureati in più). 

Aumento rilascio permessi di soggiorno – Nel corso del 2017 sono stati rilasciati quasi 263 mila nuovi permessi di soggiorno, in lieve aumento rispetto al 2016, dopo una tendenza alla diminuzione già messa in luce negli anni precedenti: nel 2010 erano quasi 600 mila.

Stranieri residenti – Si stima che i cittadini stranieri residenti al 1° gennaio 2019 siano 5 milioni 234 mila, l'8,7% della popolazione totale. E' quanto rileva l'Istat nel Rapporto annuale 2019. Nel 2017, delle 343 mila iscrizioni anagrafiche dall'estero, circa l'88% riguarda cittadini stranieri. I paesi di provenienza sono principalmente Romania, Nigeria, Brasile, Marocco, Albania, Pakistan, Bangladesh, Cina e Senegal, che coprono quasi la metà delle immigrazioni complessive. Al 1° gennaio 2018 sono 195 le cittadinanze presenti in Italia. Le cinque più numerose sono quella romena (1 milione 190 mila), albanese (440 mila), marocchina (417 mila), cinese (291 mila) e ucraina (237 mila), che da sole rappresentano la metà del totale degli stranieri residenti. 

Pericolosità sismica – A livello nazionale, sono più di un terzo (36,2%) i comuni classificati con una pericolosità sismica medio-alta e alta mentre la popolazione che vi risiede è pari al 41,2% del totale. A questi luoghi afferiscono anche il 37,8% delle unità locali, il 34,6% degli addetti e il 30,9% del valore aggiunto delle imprese industriali e dei servizi di mercato. Tra questi, i comuni esposti alla massima pericolosità sismica sono 705, con 2,8 milioni di residenti. 

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