Torino, 26 nov. (LaPresse) – Le principali banche del mondo si preparano all’ipotesi del crollo dell’euro. È quanto rivela il New York Times, secondo cui banche come Merrill Lynch, Barclays Capital e Nomura questa settimana hanno pubblicato una serie di relazioni che prendono in considerazione proprio la possibilità della disgregazione della zona euro. Nonostante i leader europei dicano ancora che non è necessario prevedere un piano B, dice il quotidiano newyorkese, alcune delle banche più grandi del mondo lo stanno già facendo. “La crisi finanziaria dell’eurozona è entrata in una fase molto pericolosa” hanno scritto ieri gli analisti di Nomura, sottolineando che a meno che la Bce non intervenga per aiutare laddove i politici hanno fallito “un crollo dell’euro appare probabile più che possibile”.

Nel Regno Unito Royal Bank of Scotland sta preparando un piano alternativo. “Non possiamo ignorare la possibilità di una turbolenta uscita di alcuni Paesi dall’euro” dice Andrew Bailey della Financial Services Authority britannica, citato dal Nyt. Negli Stati Uniti le autorità hanno spinto banche come Citigroup e altre a ridurre la loro esposizione al debito dell’eurozona. In Asia le autorità di Hong Kong hanno aumentato il monitoraggio dell’esposizione degli istituti di credito al debito internazionale alla luce della crisi europea. Diversamente si comportano invece le banche dei Paesi dell’eurozona, afferma il giornale, sottolineando che gli istituti di credito in particolare in Italia e Francia non stanno mettendo a punto alcun piano di riserva per il semplice motivo che ritengono impossibile che l’euro crolli. “Mentre negli Stati Uniti c’è una visione chiara che l’Europa può disintegrarsi, qui crediamo che l’Europa debba restare com’è”, dice un banchiere francese citato nell’articolo.

Secondo uno studio di Merril Lynch, se Spagna, Italia, Portogallo e Francia uscissero dall’euro, le loro valute nazionali perderebbero rispetto al dollaro; se invece Germania, Olanda e Irlanda ricominciassero a stampare moneta propria, secondo l’analisi guadagnerebbero sul dollaro, riflettendo economie più forti.

Anche alcune aziende prendono precauzioni in vista dell’eventualità dell’uscita di alcuni Paesi dall’euro, soprattutto per la Grecia. Il gigante tedesco del turismo Tui, per esempio, ha inviato recentemente lettere agli albergatori greci chiedendo loro di rinegoziare i contratti in dracme per tutelarsi da perdite nel caso in cui la Grecia dovesse uscire dall’euro. L’iniziativa è stata presa poco dopo il G20 di Cannes, quando il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy hanno riconosciuto la possibilità che la Grecia potesse lasciare l’unione monetaria. D’altra parte giovedì anche la Banca centrale greca ha avvisato che se Atene non riuscirà a migliorare presto le sue finanze, la questione diventerà “se il Paese rimarrà o meno nell’area euro”. Secondo un sondaggio condotto da Barclays Capital su mille clienti e pubblicato mercoledì, circa la metà degli intervistati si aspetta che almeno un Paese lasci la zona euro e il 35% si aspetta che solo la Grecia esca dall’euro.

Insomma, sostiene la giornalista economica Liz Alderman sul New York Times, nonostante la Merkel abbia escluso la possibilità del crollo dell’eurozona le banche si preparano al peggio. Ieri Standard & Poor’s ha tagliato il rating del Belgio da AA+ ad AA e da tempo si vocifera della possibilità che la Francia perda la sua tripla A. Giovedì Fitch aveva declassato il Portogallo a livello spazzatura e lo stesso ha fatto Moody’s con l’Ungheria.

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