Torino, 31 lug. (LaPresse) – I soci di Fiat si apprestano a riunirsi per l’ultima volta al Lingotto. L’assemblea di domani per il via libera alla fusione con Chrysler chiuderà 115 anni di storia del quartier generale della Fiat a Torino. Nascerà infatti Fiat Chrysler Automobiles (Fca), una società globale con sede legale in Olanda e domicilio fiscale nel Regno Unito, e dall’anno prossimo le assemblee si terranno all’aeroporto olandese di Schipol. Fca si posizionerà a monte di un gruppo che rappresenta il settimo produttore globale di auto e punta a diventare il sesto, passando dai 4,4 milioni di auto vendute nel 2013 a 7 milioni nel 2018. Il sì alla fusione da parte dei soci appare scontato, nononstante la necessità di una maggioranza qualificata. Perché la delibera divenga effettiva serve infatti il voto favorevole dei due terzi dei presenti. E alcuni soci potrebbero non gradire il fatto che la legge olandese non preveda che venga riservato un posto in consiglio per le minoranze.

Tra gli advisor la Iss si è detta contraria all’accorpamento dei titoli delle due case automobilistiche, mentre la Glass Lewis è favorevole a un via libera. Comunque, anche se la maggioranza dei fondi votasse contro la fusione, il raggiungimento del terzo sufficiente per la bocciatura rimarrebbe comunque altamente improbabile. Inoltre, come ricordato ieri nella conference call sui conti dallo stesso a.d., Sergio Marchionne, un ostacolo successivo alla fusione è il diritto del recesso. Se l’esborso di Fiat per i soci che volessero esercitarlo superasse i 500 milioni di euro, la fusione con Chrysler sarebbe inefficace. Marchionne si è detto “fiducioso” da questo punto di vista. Gli azionisti avranno tempo fino al 16 agosto per esercitare il diritto di recesso. Chi deciderà di non mantenere le azioni di Fca, sarà liquidato con 7,727 euro per azioni Fiat, al di sopra delle attuali quotazioni. In Borsa, Fiat ha chiuso oggi in calo del 2,75% a 7,245 euro. A rassicurare i vertici del Lingotto c’è tuttavia il precedente della fusione tra Fiat Industrial e Cnh, per la quale non è stato necessario nessun esborso. Inoltre, in quella che può essere considerata una sorta di prova generale per il matrimonio tra Fiat e Chrysler, a votare a favore della fusione fu il 97,8% del capitale presente in assemblea, pari al 70% dell’azionariato.

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