Piccole cifre nascoste nelle pieghe della bolletta per servizi che i consumatori ritengono gratuiti. Ma alla fine, i costi salgono

Tornano i costi nascosti nella bolletta telefonica. O meglio, non se ne sono mai andati, ma le compagnie se ne inventano sempre di nuovi anche, forse, per recuperare dalla sconfitta sulla fatturazione a 28 giorni. La denuncia, ancora una volta, è dell'Uniione Nazionale dei Consumatori che ne elenca almeno dieci, invita i consumatori a fare attenzione e denuncia all'Antitrust Tim, Vodafone, Wind Tre e Fastweb. Da servizi come "Chiamami" al vecchio ascolto dei messaggi nella segreteria telefonica, tutto si paga, ma non tutti sappiamo che nelle pieghe del nostro contratto, ci sono tutte queste voci che generano un aumento significativo del costo della bolletta telefonica. Ciascuna, magari, incide per pochi centesimi, ma tutte insieme, si fanno sentire nel costo finale della bolletta.

"Pochissimi  – dice Massimiliano Dona, presidente dell'Unione Nazionale dei Consumatori – sanno di pagare per il servizio “Chiamami” o simili, così come spesso non si conosce che ascoltare i messaggi in segreteria ha un costo. Molti consumatori sono indignati per gli importi addebitati per la chiamata necessaria a conoscere il credito residuo o per aver utilizzato il cellulare come hotspot: se al danno si aggiunge la beffa di pagare senza saperlo si capisce bene perché  l’indignazione diventa rabbia nei confronti di quegli stessi operatori che vantano negli spot la loro serietà nei confronti del cliente. Puurtroppo siamo di fonte ad un imbarbarimento etico del mercato della telefonia: per questo motivo – conclude Dona – abbiamo denunciato all’Authority Tim, Vodafone, Wind Tre e Fastweb e abbiamo raccolto sul nostro sito tutti i costi nascosti in bolletta".

E l'Unione Nazionale dei Consumatori, come si diceva, ha individuato e elencato le dieci voci nelle quali le Telco introducono costi nascosti. L'elenco, ovviamente, è stato girato all'Authority che dovrà stabilire se ci sono degli illeciti. Ecco i dieci "costi nascosti"

1) ChiamaOra”, “Ti ho cercato”, “Chiamami”: sono i servizi che avvisano l’utente nei casi in cui non è stato possibile contattarlo. Il problema è che non tutti sanno che sono servizi a pagamento! Nello specifico: Vodafone richiederebbe € 0,12 al giorno (ma solo quando utilizzato), Wind € 0,19 a settimana, Tre € 1,50 euro al mese e Tim € 1,90 al bimestre.

2) L’ascolto dei messaggi in segreteria ha un costo, ma non è comunicato adeguatamente ai consumatori. Tre, ad esempio, fa pagare € 0,20 a chiamata indipendentemente dalla durata della chiamata o dall’ascolto dei messaggi, mentre per Tim il costo per l’ascolto dei messaggi ricevuti varia a seconda del piano tariffario; più cara Vodafone, che per ogni chiamata alla segreteria telefonica per ascoltare i messaggi o per personalizzare le impostazioni richiede 1,50 euro al giorno (solo in caso di utilizzo).

3) I piani tariffari base quanto costano? Tim, Vodafone e Wind pretenderebbero circa € 0,50 centesimi a settimana. In particolare, Tim avrebbe attivato automaticamente l’opzione “TIM Base” unitamente ad offerte promozionali in modo gratuito per i primi 30 giorni e, al contempo, previsto un costo per la disattivazione di 3 euro (importo ingiustificato perché all’utente viene attivato un piano tariffario a sua insaputa, che è gratuito solo all’apparenza, atteso che per disdirlo deve pagare 3 euro).

4) I costi di incasso” o “altri costi”: sembrerebbe che tutti gli operatori addebitino a carico degli utenti, indipendentemente dalla modalità di pagamento prescelta, i costi di incasso: non è dato sapere a quali servizi siano imputati tali costi che, tuttavia, si trovano puntualmente fatturati nelle bollette. Ad esempio, Fastweb prevede il pagamento di € 1,81 sotto la voce “altri costi”, sebbene non specifica, neanche in via generica, a cosa sarebbe imputabile tale somma.

5) Il “tutto incluso” non è sempre reale… alcuni operatori non informerebbero i propri clienti dell’addebito di costi aggiuntivi per chiamate da linea fissa sebbene il contratto di abbonamento preveda la formula “tutto incluso”.Risulta ad esempio che Tim richieda il pagamento a consumo di chiamate verso altri operatori (per il momento è stato accertato nei confronti di Fastweb) nonostante il contratto con l’utente preveda che fossero incluse.

6) Il pagamento della chiamata per conoscere il credito residuo. Vodafone prevede un costo pari a € 0,40 per ogni telefonata al numero 414: beffa nelle beffe visto che nessun altro operatore la prevede e che lo stesso servizio è offerto –anche da Vodafone- gratuitamente tramite App o sito internet.

7) Il servizio antivirus a pagamento: Vodafone ha introdotto un servizio antivirus denominato Rete sicura: questo, inserito di default all’attivazione della sim, è gratis per i primi 3 rinnovi, poi costa € 1 ogni 4 settimane. Purtroppo, si rileva che molti utenti hanno lamentato di aver appreso che il rinnovo del servizio fosse a pagamento solo dopo aver ricevuto l’addebito del costo.

8) L’omessa o inadeguata informativa circa i costi del servizio tethering: Vodafone non renderebbe immediatamente percepibile che il servizio di navigazione in modalità hotspot ha un costo “ulteriore” rispetto alla cd. tariffa base. A conferma della supposta scorrettezza della pratica commerciale in questione,  l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha diffidato Vodafone per aver imposto un pagamento per la fruizione del servizio di connettività ad internet da rete mobile in modalità tethering.

9) L’addebito di penali in caso di recesso da un contratto di abbonamento. Una premessa: se il recesso avviene prima della scadenza del termine minimo di durata del contratto, ma è giustificato dalla non accettazione delle variazioni contrattuali proposte dal gestore, nulla è dovuto dall’utente. Sembrerebbe invece che con Tim, l’attivazione di Tim Special Medium è 5 euro in promozione (da 44 di listino per addebito su carta di credito), ma se si passa ad altro operatore prima di 24 mesi la penale prevista è di 39 euro. Discorso analogo con Wind che prevede una penale di 16 euro per il recesso prima di 24 mesi e con Tre, che richiede 49 euro se si disdice il vincolo di All-In Prime Special anticipatamente. Mentre Vodafone, se la promozione Vodafone Smart viene abbandonata prima di aver ricaricato il conto almeno di 180 euro, richiede come penale 26 euro.

10)  L’addebito di costi di attivazione delle sim nei punti vendita. Tutti gli operatori richiederebbero agli utenti che intendono attivare una sim nei punti vendita, oltre che il costo della scheda (in genere 5 euro), un ulteriore costo una tantum per la sua l’attivazione (prezzo che varia dai 3 ai 5 euro indebitamente richiesto ai consumatori, considerato che l’attivazione sul portale online del gestore è gratuita).

Fastweb precisa che l’azienda da oltre un anno ha intrapreso una politica commerciale di totale trasparenza nei confronti dei propri clienti: in particolare Fastweb non addebita ai propri clienti, né per il fisso né per il mobile, alcuna delle tipologie di “costo nascosto” citate nell’ambito dell’inchiesta condotta dall’Unione Nazionale dei Consumatori.

L’unico costo addizionale attribuibile a Fastweb tra quelli citati nell’ambito dell’inchiesta è relativo agli 1,81 euro nella categoria “altri costi” e si riferisce al servizio di consegna degli elenchi telefonici. Tale servizio è facoltativo e nel caso in cui il cliente ne fruisca viene addebitato una volta all’anno.   

Inoltre tale voce è perfettamente esplicitata in fattura e dunque identificabile. Fastweb ha deciso peraltro che dall’ 11 giugno 2018 il servizio sarà fornito solo chi ne faccia esplicita richiesta. Si rileva, infine, che nelle scorse settimane la stessa Fastweb ha presentato in AGCOM una propria segnalazione sul tema dei “costi nascosti” applicati dagli altri operatori, ritenendo necessario un intervento del regolatore per imporre una rappresentazione dei prezzi più chiara e trasparente, a tutela degli utenti e delle dinamiche concorrenziali nel mercato.

Fastweb, riservandosi dunque di tutelare in ogni sede opportuna la propria reputazione a fronte delle dichiarazioni fatte circolare oggi, chiede all’Unione Nazionale Consumatori di distinguere nettamente, nell’ambito delle proprie inchieste e delle proprie dichiarazioni, le posizioni degli operatori che mettono in atto pratiche commerciali virtuose rispetto a meccanismi generalizzati del mercato.  

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