Ma il ministro Poletti frena: il sistema pensionistico è 'assolutamente sostenibile'

Il sistema pensionistico è "assolutamente sostenibile". Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti frena ogni allarmismo sulla situazione dell'Inps, dopo il rapporto della Corte dei Conti secondo cui il patrimonio netto passa, per la prima volta dall'istituzione dell'ente, in negativo per 1,73 miliardi. Il dato, spiegano i  magistrati contabili, è un effetto di un peggioramento dei risultati previsionali assestati del 2016, con un risultato economico negativo che si attesta su 7,65 miliardi: nel 2015 invece l'istituto ha chiuso con un avanzo di 1,43 miliardi (-7,01 miliardi nel 2014) determinato dalla somma algebrica di un risultato di parte corrente negativo per 3,43 miliardi e di parte capitale positivo per 4,86 miliardi. E la Corte dei Conti sottolinea che "non si ritiene procrastinabile una riforma della governance dell'Istituto". Ma, al momento, "Non sono previsti interventi", assicura il ministro, spiegando che "le risorse che fanno fronte alle situazioni che le leggi prevedono in termini di costi sono già definite dalla legge di bilancio, che garantisce la copertura di queste situazioni. Poi il confronto su come migliorare le performance dell'istituto è sempre aperto il dialogo tra governo e Inps è sempre all'ordine del giorno".

Poletti è intervenuto alla presentazione del quarto rapporto 'Il bilancio del sistema previdenziale italiano. Andamenti finanziari e demografici delle pensioni e dell'assistenza per l'anno 2015' elaborato dal centro studi e ricerche Itinerari Previdenziali e presentato nella sala della Lupa di Montecitorio.

Il rapporto evidenzia che il numero di pensionati nel 2015 è sceso a quota 16,2 milioni, in calo di 80.114 rispetto al 2014, riportando i valori a quelli del 1998, e anche il numero di prestazioni è diminuito a 23.095.467, tornando ai valori del 2004. Oltre la metà dei pensionati, 8,2 milioni riceve anche una prestazione assistenziale, che non è legata ai contributi versati. Dal 2010 al 2015 sono cresciute continuamente le pensioni di invalidità civile e le indennità di accompagnamento e aumentano anche anche pensioni e assegni, mentre le pensioni di guerra sono in calo fisiologico.

Numeri significativi perché il bilancio 2015, escludendo l'assistenza, è in attivo di 3,713 miliardi, "a dimostrazione del fatto che il nostro sistema, grazie alle numerose riforme, è stato stabilizzato. Ciò dovrebbe indurre a maggior prudenza nel proporre tagli alle pensioni, deindicizzazioni varie e contributi di solidarietà", si legge nel rapporto.

La pensione media aumenta da 12.136 euro annui a 17.323, ben al di sopra dei mille euro al mese. Ma considerando il rapporto tra il numero dei cittadini italiani sul totale dei contribuenti (40.716 milioni), ne risulta che ogni contribuente ha in carico 1,49 cittadini. Analizzando in le entrate Irpef che contribuiscono al finanziamento del welfare, il rapporto sottolinea  che la gran parte dei 37 milioni di concittadini (redditi da zero a 20.000 euro annui lordi) sono a quasi totale carico del 11,28% dei contribuenti (lavoratori dipendenti, autonomi e pensionati) che dichiarano oltre il 52% di tutta l'Irpef.

"A differenza di quanto spesso si afferma, cioè che in Italia si spende molto meno per il welfare rispetto ad altri Paesi europei, la spesa per prestazioni sociali nel 2015 ammonta a 447,396 miliardi di euro e incide per il 54,13% sull'intera spesa statale, comprensiva degli interessi sul debito pubblico, e del 27,34% rispetto al Pil. E' uno dei livelli più elevati in Europa", sottolinea il presidente di Itinerari Previdenziali Alberto Brambilla spiegando che "è evidente  che si tratta di un onere difficilmente sostenibile in futuro, che già ora limita gli investimenti pubblici in tecnologia, ricerca e sviluppo, unica via per garantire la competitività del Paese e un futuro più favorevole per le giovani generazioni già gravate da un abnorme debito pubblico".

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