Di Elisabetta Graziani

Roma, 2 apr. (LaPresse) – A partire dall’indagine sulla fertilità in Italia, realizzata dal Censis insieme alla fondazione Ibsa, Ketty Vaccaro, responsabile Welfare e Sanità del Censis, descrive lo stato preoccupante in cui versa l’Italia dal punto di vista della natalità ma anche della feritilità delle coppie e porta alla luce una realtà di cui non si aveva memoria nel Paese.

A che punto è l’Italia sotto il profilo delle nascite?

Il tasso di natalità in Italia quest’anno (2014, ndr) si è ulteriormente abbassato: era 8,5 è diventato 8,4 per mille abitanti.

Soprattutto è diminuito ancora il numero dei nati vivi: da 514mila a 509mila. E’ il picco negativo maggiore dal momento in cui si sono cominciate a fare le statistiche sulla natalità nel nostro Paese, cioè dal 1861, dall’unità di Italia. Credevamo di avere toccato il fondo nel 2013, invece abbiamo avuto un ulteriore calo.

Il tasso di natalità è basso in tutta Italia?

No. E’ interessante notare che il modello di fertilità vede il Nord avere i tassi di natalità maggiori: 1,46 figli per donna contro 1,33 del Sud. Il tasso di fertilità femminile in Italia è 1,39, ma è molto sostenuto dal supporto delle straniere perché, se consideriamo solo il tasso di fertilità di figli per donna delle italiane, siamo a 1,29, mentre le straniere hanno in media 2,1: sono loro che in qualche modo tengono alta la bandiera della natalità nel nostro Paese. In effetti, se consideriamo i figli nati da almeno un genitore straniero sul totale dei nati vivi nel 2013 erano già il 20 per cento, con picchi del 28-29 per cento al Nord Ovest e Nord Est.

Questo significa che quasi un bambino su tre che nasce in quelle zone è figlio di almeno un genitore straniero. Noi saremmo già un Paese in forte decrescita demografica se non avessimo questo contributo.

Si parla molto di procreazione medicalmente assistita come rimedio alla non fertilità di coppia, ma le percentuali di riuscita non sono altissime…

Sebbene sia aumentato il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, abbiamo riscontrato un dato che può anche essere interpretato quasi come un tasso di successo, vale a dire le gravidanze sulle pazienti trattate: nel 2005 erano il 21 per cento, nel 2012 (ultimo anno disponibile) sono il 23 per cento, non una percentuale altissima ma comunque in aumento. Inoltre è cresciuto il numero, e non di poco, dei nati dalle tecniche di procreazione medicalmente assistite. In quest’ultimo anno (2014, ndr) sono passati da circa 3500-3600 a 9818, dato che rappresenta l’1,8 per cento sul totale dei nati vivi in Italia (509mila) mentre prima era lo 0,7. Queste sono cifre che il Censis ha elaborato, ma che sono sia dell’Istat sia della relazione ufficiale al Parlamento sulla procreazione medicalmente assistita.

Il Censis insiste sul fatto che il governo dovrebbe fare di più per chi vuole diventare genitore. In particolare che cosa suggerite?

Nella nostra indagine è risultato molto netto che uno dei problemi che le coppie medie si trovano ad affrontare quando decidono di avere un figlio è la scarsissima disponibilità di sostegni da parte delle politiche pubbliche alla loro decisione di diventare genitori, nonostante l’enfasi sulla famiglia. Innanzi tutto bisognerebbe mettere mano alla legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita (Pma), razionalizzandola. Oggi infatti il diritto alle tecniche nuove, per esempio l’eterologa, è un diritto che c’è solo sulla carta: mancano ancora le linee guida. Inoltre ci sono Regioni più attrezzate e altre che lo sono meno. Per la Pma una prima cosa importante da fare è migliorare il livello di informazione delle coppie italiane e, dopo, tener conto del fatto che la maggior parte dei centri per la procreazione assistita al Sud sono privati e questo quindi penalizza molto chi abita in Meridione. Anche se si passa attraverso il pubblico, ci sono costi di ticket elevati, ma è difficile fare una stima perché variano molto da Regione a Regione.

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