La sentenza: 28 anni al boss Bagarella, 12 all'ex braccio destro di Berlusconi e agli ex Ros

Ventotto anni di carcere all'ex boss mafioso Leoluca Bagarella, a fronte dei 16 chiesti dall'accusa, e condanne pesanti per tutti i principali imputati nel processo sulla trattativa Stato-mafia, a cominciare dagli ex vertici del Ros coinvolti nella vicenda. La sentenza della corte d'Assise di Palermo, presieduta da Alfredo Montalto, arriva dopo cinque giorni di camera di consiglio. Con Bagarella, cognato di Totò Riina, vengono condannati, a dodici anni, anche il mafioso Antonino Cinà, medico di Riina, l'ex capo del Ros Antonio Subranni, il suo vice Mario Mori e l'ex senatore di Forza Italia Marcello Dell'Utri, già in carcere per una condanna a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Erano tutti accusati di minaccia al Corpo politico dello Stato, insieme all'ex colonnello del Ros Giuseppe De Donno, condannato a 8 anni di carcere.

Viene invece assolto l'ex ministro degli Interni, Nicola Mancino, per il quale l'accusa chiedeva una condanna a sei anni di carcere per falsa testimonianza. I giudici confermano le richieste arrivate dai pm Vittorio Teresi, Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene, per Cinà, Subranni e Dell'Utri, mentre per Mori e De Donno la richiesta di condanna era rispettivamente di 15 e 12 anni. Massimo Ciancimino, figlio di Vito, dovrà scontarne otto in carcere (5 gli anni chiesti dall'accusa).

Una sentenza "positiva – sottolinea subito dopo la lettura del dispositivo il pm Di Matteo – anche per recidere una volta per tutte i rapporti che la mafia ha sempre avuto con le istituzioni". "Che la trattativa c'era stata – sottolinea il magistrato – era chiaro anche prima della sentenza di oggi. La sentenza dice che qualcuno dello Stato ha contribuito a trasmettere ai governi in carica le richieste di Cosa nostra mentre saltavano in aria i giudici".

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