L'Associazione degli operatori portuali decisa anche a costituirsi parte civile nel processo penale. "Entro due anni è necessario avere il nuovo ponte"

Gli spedizionieri genovesi procederanno con una serie di class action "in sede civile, penale e amministrativa" contro Autostrade per l'Italia e contro il Ministero delle Infrastrutture (Mit) per i danni subiti a seguito del crollo del ponte Morandi. E' quanto si apprende da Spediporto al termine dell'assemblea straordinaria, che ha approvato l'azione all'unamità.

A monte della decisione c'è la pesante crisi di traffico del porto di Genova che ha origine nella gravissima situazione logistica in cui lo scalo è precipitato dopo il disastro del 14 agosto. Anche nel mese di ottobre, i dati del porto di Genova hanno il segno rosso: -8,1% rispetto allo stesso mese di un anno fa con un trend che era positivo e che è stato interrotto dal crollo del Ponte. “Rispetto ai dati registrati nel mese di Settembre – spiega Giampaolo Botta, direttore generale di Spediporto – possiamo solo confermare un trend negativo che si è accentuato sull’export, che è arrivato a toccare anche un -12,5% ( dato 2018 su 2017 di Ottobre) rispetto al -5% (2018 su 2017 del mese di Settembre) registrato nei 30 giorni precedenti”. 

Preoccupato il presidente degli spedizionieri genovesi, Alessandro Pitto: “Il confronto tra i dati del 2017 e quelli del 2018 segna una marcata flessione del traffico che non può che preoccupare. Per quanto la comunità degli operatori si stia adoperando a ridurre difficoltà e costi, le stime parlano, purtroppo, di un sensibile calo di traffico”.

Da qui la decisione delle class action: contro Asp individuata come soggetto responsabile del crollo e contro il Ministero per il mancato controllo. Spedporto intende anche costituirsi come parte civile nel processo penale perché ritiene che l'intero settore sia stato gravemente e direttamente danneggiato. 

Spediporto guarda con apprensione anche al decreto per Genova che sta facendo il suo iter in Senato: "Il nostro giudizio è di parziale soddisfazione – spiega Botta -. Purtroppo ci sono finite dentro anche altre cose (il condono di Ischia; ndr) che hanno suscitato perplessità e ritardato l'approvazione del provvedimento". Ma, ormai, la questione si è spostata sui tempi di ricostruzione del Ponte: "Abbiamo bisogno di certezze – dice Botta – Quindi, non è tanto importante se aprono i cantieri per smantellare ciò che resta del Morandi entro il 15 dicembre. L'importante è quando finiscono di buttarlo giù. E non è importante quando cominciano a ricostruire, ma quando finiscono. Noi abbiamo bisogno di date certe per poter andare in giro per il mondo a 'vendere' il nostro porto e a spiegare quando saranno disponibili i nuovi percorsi e la nuova logistica e come verranno affrontati i problemi nel frattempo". E quale sarebbe un tempo congruo? Diciamo 18 mesi, ma sappiamo che sarà difficile. Diciamo, che realisticamente il nuovo ponte dovrà essere percorribile tra due anni. Dopo sarebbe davvero un problema".

 

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