Per Alinno Chima e Brian Minteh resta l'accusa di spaccio e violenza sessuale, senza l'aggravante di gruppo

Il tribunale del Riesame di Roma ha annullato l'accusa di omicidio per Alinno Chima e Brian Minteh, due delle persone arrestate nell'ambito dell'indagine sulla morte di Desirée Mariottini. Resta il reato di spaccio mentre viene derubricata l'accusa di violenza sessuale che, secondo il giudice, c'è stata ma non 'di gruppo'.

La procura va avanti con l'impostazione iniziale, convinta che gli arrestati fossero consapevoli che quel mix di droghe avrebbe ucciso la ragazza, ma nei fatti, la decisione del tribunale incrina i risultati dell'inchiesta e l'accusa di omicidio con tutta probabilità sarà derubricata per tutti gli indagati nel reato di 'morte come conseguenza di altro reato'.

Mercoledì il tribunale del riesame affronterà la posizione di Mamadou Gara, il terzo straniero fermato a Roma, mentre per Yousif Salia, l'uomo arrestato a Foggia, l'accusa di omicidio era caduta già in sede di convalida del fermo. I quattro restano in carcere, così come Marco Mancini, il 36enne arrestato per spaccio nell'ambito dell'inchiesta. Per lui si terrà domani a Regina Coeli l'interrogatorio di convalida.

Secondo la ricostruzione della procura, quando morì, la ragazza frequentava lo stabile abbandonato in Via dei Lucani, nel quartiere San Lorenzo, da quasi due settimane: lì si procurava la droga e la consumava. Andava e veniva da quel posto, dove la notte del 19 ottobre è deceduta dopo aver assunto un mix di droghe. Il pomeriggio del 18 ottobre era tornata in via dei Lucani in cerca di stupefacenti che aveva chiesto e ottenuto dagli arrestati. Quando si è sentita male, nessuno ha chiamato il 118 e la giovane, ridotta all'incoscienza, è stata violentata. Desirée non si è opposta in alcun modo: non poteva farlo perché non era in sé, non si reggeva in piedi mentre gli aggressori, senza nessuna pietà le erano addosso. Dopo gli abusi l'hanno abbandonata a terra, tremante, si sono allontanati e l'hanno lasciata morire. 

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