Il procedimento contro i 5 carabinieri accusati di aver causato la morte del giovane romano. Verbali postadati, modificati e senza firme

Al processo nato dall'inchiesta bis sulla morte di Stefano Cucchi, che vede imputati cinque carabinieri, spuntano nuove anomalie e documenti dell'Arma falsificati. Oggi è stata ascoltata la testimonianza di Gabriele Aristodemo, in servizio presso la stazione Appia all'epoca dei fatti e presente, insieme ad altri colleghi, al momento dell'arresto e la successiva perquisizione di Stefano Cucchi. La prima anomalia emerge dal verbale della perquisizione a cui partecipano, così come all'arresto, anche i tre carabinieri successivamente accusati di omicidio preterintenzionale per aver pestato il giovane. Una prima copia del verbale del 2009 viene acquisita poco dopo la morte di Cucchi ed è priva della firma. Nel 2015 spunta invece una nuova copia dello stesso verbale dove, sotto la dicitura 'il perquisito' sebbene non compaia la firma di Cucchi, si legge, aggiunto a penna "si rifiuta". Altre incongruenze emergono dalla relazione sull'arresto di Stefano Cucchi datata 27 ottobre del 2009 (cinque giorni dopo la morte del giovane) e firmata da Aristodemo nella quale non si fa menzione di Alessio di Bernardo e Raffaele D'Alessandro, due dei militari che la procura accusa del pestaggio e che, secondo la testimonianza di Aristodemo, erano presenti fin dall'arresto, avvenuto la sera del 15 ottobre in Via Lemonia.

Inoltre, nello stesso documento si sottolinea che al momento della consegna alla polizia penitenziaria, la mattina dopo l'arresto e il presunto pestaggio, "Cucchi non paventava alcun malore né atteggiamenti che potevano farlo intuire", mentre è lo stesso Aristodemo a dichiarare davanti ai giudici che, quella mattina, l'arrestato gli era sembrato "moscio" e che "camminava molto lentamente". Le parole del carabiniere vengono pronunciate tra mille titubanze e "non ricordo" soprattutto quando il pm chiede di fare chiarezza sulle intercettazioni ambientali dalle quali emergono tutte le preoccupazioni degli indagati che con il collega Aristodemo condividono timori e la necessità di "concordare una versione dei fatti univoca da fornire all'Autorità giudiziaria".

Sono cinque i carabinieri coinvolti nel processo sulla morte del geometra romano in corso davanti alla prima Corte d'Assise del tribunale di Roma: Alessio Di Bernardo, Raffaele D'Alessandro, Francesco Tedesco, rispondono di omicidio preterintenzionale. Tedesco risponde anche di falso nella compilazione del verbale di arresto di Cucchi e calunnia insieme al maresciallo Roberto Mandolini, all'epoca dei fatti a capo della stazione Appia, dove venne eseguito l'arresto. Vincenzo Nicolardi, anche lui carabiniere, è accusato di calunnia con gli altri due, nei confronti degli agenti di polizia penitenziaria che vennero accusati nel corso della prima inchiesta sul caso. Stefano Cucchi venne arrestato 15 ottobre del 2009 in via Lemonia, a Roma, a ridosso del parco degli Acquedotti, perché sorpreso con 28 grammi di hashish e qualche grammo di cocaina. Secondo l'accusa, il giovane fu colpito la notte del suo arresto, dai tre carabinieri imputati con "schiaffi, pugni e calci". Il pestaggio, per la procura di Roma, causò tra l'altro "una rovinosa caduta con impatto al suolo in regione sacrale" provocando sul giovane "lesioni personali che sarebbero state guaribili in almeno 180 giorni e in parte con esiti permanenti, ma che nel caso in specie, unitamente alla condotta omissiva dei sanitari che avevano in cura Cucchi presso la struttura protetta dell'ospedale Sandro Pertini, ne determinavano la morte", il 22 ottobre del 2009. Nel procedimento sono parte civile, oltre ai familiari del giovane, il Comune di Roma, Cittadinanzattiva e gli agenti della penitenziaria accusati nella prima inchiesta sulla morte del giovane.

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