Dalla nostra corrispondente a New York Valeria Rubino New York (New York, Usa), 25 ott. (LaPresse) – “Ci sono sempre più prove che il nostro pianeta sia stato visitato dai nostri vicini alieni, forse da centinaia di anni”. Non è un hippy appassionato di fantascienza a raccontarlo ma un astronauta della Nasa, il sesto uomo a camminare sulla Luna, Edgar Mitchell, che è intervenuto a New York a una conferenza sugli ufo intitolata “Ufos and the evolution of consciousness”, presso la Community Church di Manhattan.

Mitchell, che non ha potuto partecipare direttamente alla conferenza, ha inviato un video-messaggio. “Sembra – ha spiegato – l’inizio di una nuova era, le nostre avventure nello spazio con il programma spaziale locale e le spedizioni sulla Luna ci hanno permesso di vedere il mondo in modo completamente differente. Avere la possibilità di fotografare altre galassie e cumuli di galassie che si trovano a miliardi di anni luce da noi ci ha fatto comprendere che l’universo è molto più grande di quanto pensassimo e che l’idea che siamo soli in questa immensità è assolutamente arcaica”.

“Inoltre – ha insistito Mitchell – ci sono sempre più prove che il nostro pianeta sia stato visitato dai nostri vicini alieni, forse da centinaia di anni. Ciò non è stato ancora confermato, ma l’evidenza è molto forte. E’ ora che noi umani iniziamo ad aprire le mostre menti e a comprendere questo tipo di fenomeni. Dobbiamo capire che siamo solo una delle tante comunità che si trovano in uno dei sistemi solari, in una delle galassie dell’universo, su uno dei tanti pianeti che ospita esseri viventi”.

Mitchell ha ribadito la sua opinione con un esempio. “Torniamo indietro di qualche migliaio di anni – ha detto l’astronauta – quando vivevamo in una vallata e non sapevamo cosa ci fosse nella vallata accanto. E poi scoprimmo che lì c’erano altri esseri, che tentavano di fare qualcosa simile a ciò che facevamo noi. E’ la stessa cosa per noi oggi, solo che parliamo di galassie lontane anni luce e non qualche chilometro. Dobbiamo imparare ad accettare che è così – ha concluso – che il nostro universo funziona. Siamo sempre stati più interessati all’immediato e al vicino, a come vivere la nostra vita qui adesso, e non c’è nulla di sbagliato in ciò. Ma diventando più maturi, abbondanti ed istruiti, abbiamo iniziato a farci domande più profonde. E’ parte della natura umana, è normale chiedersi cosa c’è dietro la montagna vicina, dietro il pianeta vicino, dietro la galassia vicina”.

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