Di Benedetta Dalla Rovere

Milano, 22 set. (LaPresse) – Sono 15 i membri e i simpatizzanti della gang salvadoregna Barrio 18 arrestati (uno è ai domiciliari) nell’ambito delle indagini coordinate dal procuratore aggiunto Alberto Nobili e dal pm Enrico Pavone e condotte dalla squadra mobile di Milano.

“Tutti dovevano versare delle quote associative alla banda, per dare un sostegno economico all’organizzazione e aiutare i compagni in carcere e le loro famiglie”, ha spiegato il dirigente della squadra mobile Alessandro Giuliano. Segno che la gang di origine salvadoregna, tra le più violente sia a Milano sia in patria, era molto strutturata e aveva regole ben precise. A colpire, spiegano gli investigatori, è soprattutto l’uso indiscriminato della violenza, impiegata per mantenere la disciplina all’interno della ‘pandilla’ e per colpire le bande rivali.

Anche l’affiliazione avveniva solo dopo aver superato un rito violento d’iniziazione, che consisteva in un pestaggio da parte degli altri componenti della gang. La Barrio 18 era basata su una rigida gerarchia interna e l’imposizione di un codice di condotta fondato sull’obbedienza.

Gli arrestati sono accusati di associazione per delinquere, tentato omicidio, rapina aggravata, spaccio di droga, ricettazione, lesioni personali aggravate e detenzione e porto di armi da sparo e da taglio: reati commessi a Milano tra gennaio e ottobre 2014.

Non è scattata l’accusa di associazione a delinquere, invece, per i due italiani arrestati, che pur essendo vicini alla banda non erano stati ammessi nell’organizzazione proprio perché non erano latinoamericani. Si tratta di una ragazza e di Michele Gese, 22 anni, che alcuni membri della pandilla rivale dei Trinitario nel febbraio scorso avevano cercato di uccidere sul mezzanino della metropolitana di Pagano. Entrambi erano stati avvicinati dai membri della Barrio 18 perché facevano parte del giro dello spaccio di hashish e marijuana, attività che la gang aveva impiantato come principale fonte di finanziamento insieme alle rapine in strada.

Tra gli episodi al centro di questa indagine, anche il tentato omicidio di Jackson Jahir ‘Lopez’ Trivino, il 22enne membro della gang rivale Mara Salvatrucha 13, a sua volta coinvolto nell’aggressione al capotreno al quale è quasi stato amputato un braccio con il machete nella stazione di Villapizzone il 15 giugno scorso. Il 26 gennaio 2014, infatti, Lopez Trivinho, detto “Peligro”, era stato aggredito Set Club di via Massarani, mentre veniva a sua volta inseguito con un machete da 9 degli arrestati di oggi, tra cui il capo 31enne della banda Denis Josuè Hernandez Cabrera, detto “Gato” e lo stesso Michele Gese.

I poliziotti monitoravano la violentissima banda dal 5 dicembre precedente, dopo una denuncia per violenza sessuale. La gang operava soprattutto nella zona tra via Sammartini e l’ex parco Trotter che proteggeva pestando gli esponenti delle gang rivali, come documentato in un video agli atti dell’inchiesta del 28 maggio 2014.

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