Firenze, 30 set. (LaPresse/AP) – Inizia questa mattina il nuovo processo di appello per l’omicidio di Meredith Kercher, la studentessa britannica uccisa il primo novembre 2007. Imputati la statunitense Amanda Knox e il suo ex fidanzato Raffaele Sollecito. I due sono stati condannati in primo grado a 26 e 25 anni di carcere e poi assolti in appello il 3 ottobre 2011. Quest’ultima sentenza è stata però annullata il 26 marzo scorso dalla Corte di Cassazione, secondo cui l’assoluzione è stata minata da “carenze, contraddizioni” e conclusioni “illogiche”. La Corte d’appello di Firenze deve ora riesaminare le prove forensi e determinare se Knox e Sollecito furono responsabili dell’omicidio assieme a Rudy Guede, condannato a 16 anni con il rito abbreviato per concorso in omicidio e violenza sessuale.

I due imputati però oggi non saranno in aula. Amanda Knox, ora 26enne, studentessa all’Università di Washington, a Seattle, dopo l’assoluzione in secondo grado è tornata in Usa e ha fatto sapere pubblicamente, nel corso di diverse interviste, di non aver intenzione di tornare in Italia. Prima di rientrare in patria, Amanda ha scontato quattro anni di carcere. Il caso è stato seguito anche molto negli Usa, dove non sono state poche le critiche sul sistema giudiziario italiano.

Al tempo stesso, il caso ancora aperto ha lasciato la famiglia Kercher senza risposte chiare sulla dinamica dei fatti di quella maledetta notte. Il corpo della studentessa venne trovato senza vita nell’appartamento che condivideva con Amanda a Perugia, con la gola tagliata. Nell’assoluzione del 2011 in secondo grado, il tribunale di Perugia criticò l’intera ricostruzione operata dai procuratori, sottolineando tra le altre cose che l’arma del delitto non è mai stata trovata e che i procuratori non hanno fornito un movente. Tuttavia la Cassazione ha sostenuto che i giudici di secondo grado abbiano ignorato alcune prove, sottolineando ad esempio il fatto che Amanda Knox aveva inizialmente accusato dell’omicidio Patrick Lumumba, proprietario del locale dove lei stessa lavorava. Per questo motivo Amanda è stata condannata per calunnia, sentenza confermata dalla Cassazione.

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