di Maria Elena Ribezzo

Roma, 14 ago. (LaPresse) – Stiamo facendo ammalare il mare. E’ il grido d’allarme lanciato da Legambiente, che questa mattina a Roma ha presentato il rapporto di Goletta Verde, la campagna dell’associazione sullo stato di salute delle nostre acque. La situazione non è buona: il 45% dei 266 campioni rilevati nei due mesi di viaggio a bordo di Catholica, storica imbarcazione dell’associazione ambientalista, è risultato inquinato, con cariche batteriche ben superiori ai limiti imposti dalla normativa. In pratica, in Italia abbiamo un punto inquinato ogni 62 chilometri di costa. Non solo, ma dei 120 punti di costa italiana inquinati e fortemente inquinati quasi la metà non è stato campionato dalle autorità competenti e non è stato cioè sottoposto a nessun tipo di controllo sanitario. Addirittura il 38% dei punti scovati dai tecnici di Legambiente, nel portale delle acque del ministero della Salute risulterebbero balneabili, talvolta in classe eccellente.

L’inquinamento è causato essenzialmente da scarichi non depurati che attraverso fiumi, fossi e piccoli canali si riversano direttamente in mare, tanto che le coste più inquinate sono quelle delle regioni in cui i corsi d’acqua sono più numerosi, Marche e Abruzzo. Situazione difficile anche in Sicilia: su 26 punti monitorati ben 14 sono risultati inquinati o fortemente inquinati. Va un po’ meglio nelle regioni dell’alto adriatico (Veneto e Friuli Venezia Giulia), complice però forse anche il periodo di campionamento: inizio giugno, quindi a stagione balneare appena cominciata. Va bene invece la Sardegna, con qualche criticità in corrispondenza di foci di fiumi o canali.

Un problema, quello della mala depurazione degli scarichi civili, che sta assumendo una rilevanza crescente e che incide non solo sul fronte ambientale, ma anche su quello economico: sulla questione infatti l’Italia rischia sanzioni europee per 476 milioni di euro all’anno, dal 2016 fino al completamento delle opere per la messa a norma. La Commissione europea ha emesso due sentenze di condanna, nel 2012 e nel 2014: procedimenti che riguardano un agglomerato su tre.

Le denunce dei bagnanti che hanno avuto problemi gastrointestinali e febbri alte dopo ‘bagni sospetti’ sono sempre più numerose. “La maggior parte sono arrivate da Calabria e Lazio ma, in generale – segnala l’associazione – si registra un preoccupante disorientamento dei cittadini che non sanno a chi segnalare i problemi, a chi chiedere controlli o dove consultare i dati ufficiali sulla qualità delle acque”.

Il quadro disegnato dall’associazione restituisce l’immagine di un Paese in balìa dell’illegalità diffusa: colate di cemento sul demanio marittimo, inquinamento del mare per mala depurazione o da idrocarburi, scarichi fognari, sversamento in acqua di rifiuti di vario tipo; ma anche pesca di frodo e infrazioni di nautica da diporto. Quasi 15mila sono state le infrazioni accertate: tante, troppe. “Numeri impressionanti – commenta Legambiente – che evidenziano la gravità delle attività illegali lungo le coste e nei mari del nostro Paese”. Nel corso del 2014 le infrazioni sulle coste e in mare sono state circa 40 al giorno, due per ogni chilometro di costa. A guidare l’impietosa classifica c’è il Mezzogiorno d’Italia al completo: Puglia in testa, seguita da Sicilia, Campania e Calabria.

Contro l’abusivismo e l’illegalità sulle coste si sta muovendo il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, che grazie all’operazione ‘Mare Sicuro 2015’, portata avanti su indicazione del ministro dalla guardia costiera, ha restituito ai cittadini decine di spiagge abusive.

“Spiagge liberate dagli abusi e ora libere per i cittadini – commenta il ministro Graziano Delrio -. È un’operazione che abbiamo voluto rafforzare per tutelare i beni pubblici e affermare il diritto dei cittadini. Chi si appropria indebitamente di una spiaggia o di un qualsiasi spazio pubblico – conclude – non lo sottrae a un ente invisibile, bensì ai concittadini”.

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