Milano, 5 dic. (LaPresse) – Rocco Schirripa, il panettiere di 64 anni arrestato il 22 dicembre con l’accusa di aver fatto parte del commando che il 26 giugno 1983 uccise il procuratore di Torino Bruno Caccia, ha chiesto, tramite il suo il suo avvocato Basilio Foti, la scarcerazione. L’istanza è stata presentata davanti al Tribunale del Riesame di Milano. Schirripa, secondo il procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini e pm Marcello Tatangelo, che hanno coordinato le indagini, avrebbe sparato alla testa del magistrato, già ferito, freddandolo. L’uomo nel corso dell’interrogatorio di garanzia davanti al gip Stefania Pepe, che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare, si era proclamato “innocente”. A tradirlo, però, sarebbero state proprio le persone che come lui gravitano attorno al clan calabrese dei Belfiore, che a partire dagli anni Novanta ha dettato legge a Torino e in Piemonte, estendendo la propria influenza anche in Lombardia.

Gli inquirenti, infatti, hanno inviato una lettera anonima a diversi personaggi chiave della famiglia, tra cui Domenico Belfiore, già condannato come mandante dell’omicidio Caccia. L’uomo, scarcerato per motivi di salute, ha allertato anche il cognato Placido Barresi, che a sua volta ha contattato Schirripa. “Ti sei fatto trent’anni tranquillo, fattene altri trenta tranquillo”, gli ha detto, senza sapere di essere intercettato. Per la difesa del panettiere, però, le prove sono state raccolte in modo anomalo.

L’udienza davanti al Tribunale del Riesame verrà fissata nei prossimi giorni.

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