La Corte Costituzionale ha ritenuto legittimo punire chi intermedia tra la prostituta e il cliente o chi commette favoreggiamento

Favoreggiamento della prostituzione e intermediazione tra prostituta e cliente restano reato. Lo ha deciso la Corte Costituzionale chiamata a pronunciarsi sulle questioni sulla legge Merlin sollevate dalla Corte d'appello di Bari e discusse nell'udienza pubblica del 5 febbraio 2019

La Consulta che ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dai giudici baresi che "sostenevano, in particolare, che la prostituzione è un'espressione della libertà sessuale tutelata dalla Costituzione e che, pertanto, punire chi svolge un'attività di intermediazione tra prostituta e cliente o di favoreggiamento della prostituzione equivarebbe a compromettere l'esercizio tanto della libertà sessuale quanto della libertà di iniziativa economica della prostituta, colpendo condotte di terzi non lesive di alcun bene giuridico".

"La Corte costituzionale – si legge nella nota – ha ritenuto che non è in contrasto con la Costituzione la scelta di politica criminale operata con la legge Merlin, quella cioè di configurare la prostituzione come un'attività in sé lecita ma al tempo stesso di punire tutte le condotte di terzi che la agevolino o la sfruttino. Inoltre, la Corte ha ritenuto che il reato di favoreggiamento della prostituzione non contrasta con il principio di determinatezza e tassatività della fattispecie penale".

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