Confermata la sentenza di primo grado. Erano accusati di omicidio preterintenzionale e sequestro di persona

I giudici della prima Corte d'Assise d'Appello di Milano hanno assolto "perché il fatto non sussiste" gli otto poliziotti e carabinieri che la notte tra il 13 e il 14 giugno del 2008 fermarono Giuseppe Uva, che morì in ospedale la mattina successiva. Anche in primo grado i carabinieri Paolo Righetto e Stefano Dal Bosco e i poliziotti Pierfrancesco Colucci, Francesco Focarelli Barone, Bruno Belisario Gioacchino Rubino e Vito Capuano e Luigi Empirio erano stati assolti dalle accuse di omicidio preterintenzionale e sequestro di persona.

Il sostituto Pg Massimo Gaballo aveva chiesto di condannare a 13 anni di carcere i carabinieri e a 10 anni e mezzo gli agenti che erano presenti quando Uva è stato fermato nel centro di Varese e portato in caserma, per il sostituto Pg, illegalmente. La morte dell'operaio, per il rappresentante dell'accusa, fu una conseguenza, insieme ad altre cause, tra cui una sua pregressa patologia cardiaca, delle "condotte illecite" degli imputati. Condotte scaturite dalla decisione dei due carabinieri di "dare una lezione" al 43enne, che avrebbe intrecciato una relazione con la moglie di un carabiniere.

Le reazioni dei familiari – Dopo la lettura della sentenza Lucia Uva, la sorella di Giuseppe, si è avvicinata al sostituto Pg Massimo Gaballo e lo ha ringraziato. "Per la prima volta abbiamo avuto la Procura dalla nostra parte – ha detto – e io sono stata felice per la prima volta di avere la procura di Milano dietro di me a sostenermi". Nei precedenti grado di giudizio, i rappresentanti dell'accusa avevano sempre chiesto l'assoluzione di tutti gli imputati. "Avere la Procura generale alle nostre spalle è un fatto molto importate – ha continuato la sorella di Giuseppe Uva – è stato un segnale per noi perché l'accusa non ha creduto nelle motivazioni degli imputati. Se l'ha pensato un Pg della Procura generale di Milano che quella notte è successo qualcosa ce ne dobbiamo fare tutti una ragione. Io sono già soddisfatta così, ho vinto, lo dico con tutto il cuore. Mi auguro che tutte le altre vittime dello Stato come noi continuino a combattere finchè non ci sarà una giustizia, se non ci sarà in questo mondo aspettiamo quella divina". La sorella di Giuseppe Uva ha spiegato che ha intenzione di "andare avanti e fare ricorso anche in Cassazione, perchè, avendo la Procura generale dalla nostra parte, non ci fermeremo".

Ha invece reagito in maniera disperata la nipote Angela. "La legge non è uguale per tutti. Sono anni che infangate il nome di mia madre e di mio zio e non avete mai avuto rispetto della nostra famiglia", ha detto, visibilmente sconvolta. Gli imputati, tutti presenti in aula, e i loro legali, hanno reagito invitando la nipote di Uva a calmarsi. La donna, però, ha continuato a protestare. "Per 10 anni ci hanno infangato – ha detto gridando, mentre si allontanava – mentre noi non lo abbiamo mai fatto".

Per l'avvocato difensore di Giuseppe Uva, Fabio Ambrosetti, "è una sentenza pericolosa. Ovviamente lette le motivazioni faremo subito ricorso in Cassazione". Il legale si è detto stupito soprattutto del fatto che i carabinieri, dopo aver fermato Uva in centro a Varese e lo avevano portato in caserma, siano stati assolti dall'accusa di sequestro di persona. "Preoccupa soprattutto che ci possa essere una limitazione della libertà personale quando non ci sono esigenze di identificazione o ragioni reali", ha spiegato l'avvocato.

Il carabiniere assolto – "Quella sera abbiamo fatto soltanto il nostro dovere", è stata la reazione di Paolo Righetto, uno dei due carabinieri assolti e difeso dall'avvocato Fabio Schembri, durante la lettura della sentenza. Per lui e per il collega Dal Bosco la Corte d'Assise e d'Appello di Milano ha riformato la sentenza di primo grado proprio in relazione all'accusa di sequestro di persona. Entrambi, infatti, erano stati assolti dal Tribunale di Varese perché 'il fatto non costituisce reato' per mancanza dell'elemento psicologico. I giudici della Corte d'Assise d'Appello di Milano, invece, li hanno invece assolti perché 'il fatto non sussiste'. 

"Quella sera poliziotti e carabinieri hanno fatto quello che dovevano fare", ha ripetuto l'avvocato Fabio Schembri, legale di Righetto. Parole a cui hanno fatto eco anche i difensori degli altri sette imputati, gli avvocati Luca Marsico, Duilio Mancini e Luciano Di Pardo e Pietro Porciani, per cui con la sentenza di oggi è stata "cristallizzata l'innocenza di otto tutori dell'ordine".

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