Aveva il volto scoperto. Le è stato impedito di seguire il processo. Origini marocchine, da 25 anni in Italia dove si è laureata: "Non mi era mai successo"

La giovane avvocatessa indossava il "Hijab",  il velo che lascia scoperto il volto. Il giudice del Tar dell'Emilia Romagna, Giancarlo Mozzarelli, l'ha invitata a toglierselo o a non partecipare all'udienza. Asmae Belfakir, 25 anni, praticante legale presso lo studio dell'Università di Modena era in aula per seguire insieme a una collega, una causa di appalti. Alla richiesta del giudice ha opposto un rifiuto e, davanti all'insistenza del dottor Mozzarelli, ha preferito abbandonare l'aula.

Asmae ha origini marocchine e vive in Italia dalla tenerissima età. Ha studiato nel suo nuovo Paese (l'Italia) e qui si è laureata in Giursprudenza con 110 e lode e una tesi su diritto e religione. La giovane ha partecipato a processi in aule di tribunale a Modena, Bologna e altre città. ha presenziato anche di fronte al Consiglio di Stato ma, confessa, "una cosa del genere non mi era mai accaduta". Sembra che qualche settimana fa abbia preso parte a una seduta con lo stesso giudice senza problemi. Questa volta, invece, Mozzarelli è partito subito all'attacco parlando di "tutela della nostra cultura" chiedendo alla giovane legale di togliersi il velo. Non si è trattato, quindi di questioni di sicurezza o di identificazione: "Il velo mi copre solo il capo. Il volto è scoperto e sono pienamente identificabile".

Immediata al reazione del deputato di "Possibile", Andrea Maestri: "Giustamente, a fronte di una richiesta illegittima e gravemente discriminatoria, la giovane collega si è rifiutata di togliere il velo, anche perché col viso scoperto e quindi perfettamente riconoscibile e identificabile. Ma ha dovuto lasciare l'aula d'udienza. Il magistrato amministrativo – aggiunge Maestri – avrebbe persino motivato la sua richiesta con il doveroso 'rispetto della nostra cultura e delle nostra tradizione', e non con l'indicazione di una norma asseritamente violata. Si tratta di un gravissimo e inammissibile abuso, rispetto al quale, oltre alla energica condanna etica e giuridica, serve quantomeno l'apertura di un immediato procedimento disciplinare.

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