La studiosa Melissa Verpile spiega a LaPresse in cosa consiste questa pratica

Nell'Africa sub-sahariana una donna su cinque arriva a 18 anni già sposata. Si tratta dell'usanza del matrimonio delle bambine e per combatterla si stanno impegnando governi, parlamentari ed esponenti della società civile. Tra chi lavora ad uno di questi importanti progetti c'è Melissa Verpile, studiosa haitiana che si occupa del 'Gender, Equality and Population Programme' per conto della ong 'Parliamentarians for Global Action' (PGA), con sede a New York. Appena tornata dal Ghana, uno dei paesi maggiormente flagellati da questa tradizione tribale, ha spiegato a LaPresse in cosa consiste.

"Ora stiamo raccogliendo i frutti dei nostri sforzi – racconta – con una campagna che ha visto l'adesione di Mozambico, Malawi, Tanzania e Zimbawe. Paesi dove il 21% delle ragazze (child bride) subisce questa violenza prima dei 18 anni”, la percentuale si basa sugli ultimi dati elaborati dall'Unicef. 
La situazione in Africa è così grave perché “le famiglie permettono o addirittura incentivano questo fenomeno per ottemperare ai diktat dei leader religiosi, e in tal modo violano i diritti fondamentali della bambina-ragazza (girl-child) impedendo che vengano rispettati i diritti fondamentali della persona”. Alla radice del problema ci sono: “La tradizione, secondo la quale la donna non ha lo stesso valore dell'uomo”, e “le condizioni di vita di estrema povertà in cui versano le popolazioni”.
 
Nel nord rurale del Ghana il 39% delle ragazze è costretto a sposarsi in seguito a un accordo economico tra famiglie. Nel sud est del Paese invece la percentuale scende al 12%.
“Il matrimonio infantile – continua l'attivista – impedisce a una bambina di realizzare il suo potenziale e di contribuire economicamente alla sua comunità. Quando si sposa, smette di andare a scuola, non riceve l'istruzione che le avrebbe permesso di continuare a studiare e forse di andare all'università”. 
Le famiglie in Africa lo permettono per vari motivi: il sistema patriarcale, la tradizione, la percezione della figlia femmina come un onere economico, l'alto rischio di violenza sessuale, la mancanza di leggi che stabiliscano un'età minima per sposarsi. Per cercare di contrastare il fenomeno per le donne del futuro occorre che il tema venga trattato. “I cittadini devono pretendere dai loro governi che venga messa in agenda questa priorità nei diritti umani”, aggiunge Verpile.

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