Roma, 30 lug. (LaPresse) – La procura di Brescia ha chiuso l’inchiesta bis su Green Hill, l’allevamento di Montichiari di cani destinati alla vivisezione, dopo che il 23 gennaio scorso la responsabile dell’allevamento Ghislane Rondot, il direttore Roberto Bravi e il veterinario Renzo Graziosi sono stati condannati dal tribunale al termine del processo di primo grado complessivamente a quattro anni di reclusione, con la sospensione dalle loro attività per due anni. Tutti i 3000 beagle presenti nell’allevamento al momento del sequestro giudiziario sono stati salvati. E’ quanto fa sapere la Lav in una nota.

Ora – rende noto l’associazione – il sostituto procuratore Ambrogio Cassiani ha iscritto cinque persone nel registro degli indagati, tra i quali ci sono due veterinari del Distretto Asl di Lonato, Roberto Silini e Chiara Giachini, accusati di maltrattamento e uccisione di animali e di falso ideologico in atto pubblico e omessa denuncia. Devono invece rispondere di falsa testimonianza tre dipendenti della società Green Hill, Cinzia Vitiello (una delle autrici del condizionamento dei beagle), Antonio Tabarelli e Antonio Tortelli, perché nel corso del processo di primo grado non avrebbero raccontato la reale situazione che c’era all’interno dell’allevamento.

“Siamo soddisfatti per questa indagine che prelude a un processo Green Hill bis e siamo pronti anche a continuare in Corte d’appello riguardo a esecutori e mandanti degli orrori che si consumavano nell’allevamento dei beagle – dichiara la Lav – riteniamo che l’inchiesta debba ora coinvolgere non solo i veterinari locali dell’Asl ma anche quelli che intervenuti a più riprese, alcuni addirittura come consulenti della Procura prima del 2012, appartenenti all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Brescia, al Servizio Veterinario della Regione Lombardia e al Ministero della Salute, hanno sempre scritto che a Green Hill tutto andava bene”.

“Sono diverse – prosegue l’organizzazione – le interrogazioni parlamentari che negli scorsi mesi hanno suffragato quanto emerso chiaramente nel processo di primo grado riguardo a queste figure che, in alcuni casi, hanno chiuso gli occhi, in altri si sono voltati dall’altra parte, in altri casi non hanno segnalato le evidenti infrazioni della società Green Hill, sollevando quindi molti dubbi sulla loro preparazione e la loro terzietà come funzionari pubblici”.

“Il Ministero della Salute ha infatti ispezionato due volte l’allevamento di beagle a Montichiari (Brescia), nel luglio 2010 e nel gennaio 2012, relazionando, testualmente, che ‘non sono stati evidenziati segni riferibili a maltrattamenti’, ‘sono a disposizione arricchimenti ambientali’, ‘non si è registrato sovraffollamento’, ‘è stato approntato un ambulatorio per la cura degli animali e per gli eventuali interventi chirurgici”‘ ‘assenza di stereotipie o di atteggiamenti di apatia’, ‘le segnalazioni di maltrattamento non hanno trovato fondamento’. Proprio tutto il contrario di quanto poi accertato dai veterinari nominati ausiliari dal Corpo Forestale dello Stato, per l’inchiesta disposta dalla Procura della Repubblica di Brescia che ha portato al sequestro degli animali e alla condanna complessiva a quattro anni di reclusione per maltrattamenti e uccisioni di animali”.

“Non solo – continua l’associazione -. In alcune e-mail, sequestrate dall’autorità giudiziaria e prodotte negli atti del processo, il 22 febbraio 2012 l’azienda lamenta di essere stata “preavvisata solo 30 minuti prima” di una ispezione, e afferma che il dottor Giovanni Botta del Ministero è entrato solamente nei capannoni 3 e 4 dell’allevamento, ignorando il n.1, il 2 e il 5, e che le superfici delle celle sono state misurate solamente in due casi e nel solo capannone 4, senza rilevare direttamente il peso dei cani al fine di verificare il corretto rispetto del rapporto tra peso e spazio così come dettato dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 116, allora vigente”.

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