Il figlio di Stefano e Simona Ventura era stato ferito con undici coltellate all'uscita di una discoteca lo scorso 1 luglio

Condannati per tentato omicidio gli aggressori di Niccolò Bettarini, il figlio di Stefano e Simona Ventura, aggredito e accoltellato il 1° luglio scorso davanti alla discoteca 'Old Fashion'. Il gup di Milano Guido Salvini ha condannato, con il rito abbreviato, a 9 anni di reclusione Davide Caddeo, il 29enne che ha colpito Bettarini jr con undici coltellate nel tentativo di difendere un amico.

Condannati anche gli altri tre imputati, Alessandro Ferzoco, Andi Arapi e Albano Jakej, rispettivamente a 5 anni e 6 mesi, 5 anni e 6 anni e mezzo. Agli imputati il giudice ha riconosciuto le attenuanti generiche e del "reato non voluto", perché Ferzoco, Arapi e Jackej non sapevano che Caddeo era in possesso di un coltello.

Niccolò ha deciso di rinunciare a qualsiasi risarcimento: "Noi volevamo solo che fosse fatta giustizia e giustizia è stata fatta", ha detto con la voce incrinata dall'emozione dopo la sentenza. "Finalmente è finito questo periodo tremendo", ha aggiunto.Per il 20enne le pene inflitte "sono giuste: 9, 6 e 5 anni di condanna rimangono tanti". Niccolò ha detto anche di non provare più rabbia nei confronti dei suoi aggressori. "Ovviamente all'inizio il sentimento è quello che è. Poi il giudice mi ha anche parlato dei precedenti, della vita che c'è dietro questo ragazzi. Questo non giustifica quello che hanno fatto, ci mancherebbe altro, però vedere che hanno un passato così problematico fa anche molto pensare che non siamo tutti uguali, che abbiamo vite diverse, storie diverse, esperienze diverse, però si può sempre cambiare e migliorare". Parole che hanno riempito d'orgoglio mamma Simona e papà Stefano, come ha scritto la stessa Ventura in un post su Instagram.nciamo” a qualsiasi risarcimento.

Il pm Elio Ramondini aveva chiesto una condanna a 10 anni di reclusione per tutti gli imputati, ridotta a 6 per il rito scelto. Il gup Salvini, invece, ha ritenuto di diversificare le posizioni, comminando delle pene finali ancora più severe. La più pesante, 9 anni di reclusione, è stata inflitta al 29enne Davide Caddeo, che in aula ha ammesso di aver inferto a un paio di coltellate a Niccolò, anche se non profonde. Per l'accusa, invece, è stato lui a colpire il 20enne nove volte. Nel corso del processo non è stato possibile accertare se oltre a lui fuori dalla discoteca ci fosse una seconda persona armata di coltello.

Il gup ha respinto la richiesta di domiciliari per Caddeo, che ha alle spalle numerosi precedenti anche per porto di armi, reati legati agli stupefacenti, e reati simili. Di certo c'è che l'aggressione all'esterno dell''Old Fashion' di Milano avrebbe potuto avere conseguenze letali per Niccolò, che è stato salvato dagli amici che erano con lui. Due ferite, da quanto è emerso da una perizia medico legale disposta dal gup, erano penetranti e in corrispondenza di organi vitali, anche se non li hanno raggiunti. Il 20enne è anche stato operato all'ospedale Niguarda per recuperare la piena funzionalità della mano destra.

Anche gli altri tre imputati, Albano Jakej, Alessandro Ferzoco e Andi Arapi, sono stati condannati per tentato omicidio, rispettivamente a 6 anni e 6 mesi, 5 anni e 6 mesi e 5 anni. Il giudice, però, ha riconosciuto a tutti l'attenuante dell'aver concorso a un reato diverso da quello voluto. I tre giovani, in pratica, hanno partecipato alla rissa con Caddeo, che conoscevano da poco tempo, ma non potevano immaginare che in tasca avesse un coltello né che avesse intenzione di usarlo contro il 20enne. Arapi, che è incensurato, ha anche ottenuto gli arresti domiciliari.

Il gup Salvini ha poi disposto un risarcimento di 200mila euro a titolo di provvisionale che né Niccolò né la sua famiglia hanno intenzione di incassare. Il giudice, infine, ha trasmesso gli atti alla Procura, perché nel corso del processo e negli atti della polizia compaiono i nomi di altri componenti della compagnia di cui gli aggressori facevano parte che, pur avendo partecipato alla rissa, non sono stati incriminati, invitando la pubblica accusa a perseguire i responsabili. 

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