La Guardia di Finanza di Bari, con il supporto del Servizio Centrale di Investigazione sulla Criminalità Organizzata di Roma, ha eseguito un’ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di Bari, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia: il provvedimento prevede misure cautelari in carcere per sei persone, indagate a vario titolo per scambio elettorale politico-mafioso, estorsione e detenzione illegale di armi da fuoco.
L’indagine
L’indagine, coordinata dalla DDA e condotta dal GICO del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Bari, riguarda presunti accordi tra esponenti del clan barese “Parisi” e candidati alle elezioni comunali di Modugno del 2020. Secondo l’ipotesi accusatoria, un candidato poi eletto avrebbe acquistato voti dal clan in cambio di denaro e promesse di favori, impegnandosi anche a garantire l’assunzione di un affiliato in vista del ballottaggio. Nel corso delle indagini è emerso anche un summit tra cinque persone, tra cui lo stesso consigliere comunale, in vista delle elezioni europee del 2024, per concordare un nuovo accordo elettorale a pagamento a favore di un candidato estraneo ai fatti. Parallelamente, gli investigatori hanno scoperto che un imprenditore del Foggiano avrebbe sfruttato i legami con il clan Parisi per estorsioni ai danni di imprenditori agricoli, minacciandoli di distruggere i raccolti se non avessero saldato i debiti, dividendo poi parte degli introiti con i mafiosi. Gli indagati sono inoltre accusati di porto e detenzione di armi comuni da sparo.
Ipotesi di scambio elettorale politico-mafioso, estorsione e detenzione illegale di armi sono al centro dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Bari, che questa mattina ha portato la guardia di finanza a eseguire sei misure cautelari. Tra gli indagati a piede libero figura anche il sindaco del Comune di Modugno, Nicola Bonasia, non destinatario di provvedimenti personali. Gli inquirenti ritengono che, durante le elezioni comunali del 2020, un candidato al Consiglio che poi risultò eletto abbia ‘comprato’ voti da esponenti del clan Parisi del quartiere Japigia, offrendo denaro e favori in cambio di voti. Lo stesso avrebbe poi mediato per ottenere consensi al ballottaggio a favore del futuro sindaco, promettendo l’assunzione di un affiliato del clan. L’obiettivo, secondo le accuse, era costruire a qualunque prezzo una rapida ascesa politica.

