Il professionista a LaPresse: "Non ho mai posseduto una Porsche e non l'ho mai conosciuto"

Non ho mai posseduto una Porsche e non ho mai conosciuto Carmine Belli. E’ una notizia falsa e completamente inventata. Il bigliettino del nostro appuntamento con Serena” intestato allo studio dentistico dove si sarebbe dovuta recare per una visita “non so come possa essere finito li”. Lo ha spiegato, a LaPresse, il dottor Alessandro Di Mambro, il dentista che aveva in cura Serena Mollicone, la studentessa di 18 anni uccisa ad Arce nel 2001.

Il dentista smentisce il carrozziere Belli sul biglietto da visita con l’appuntamento di Serena

Secondo quanto raccontato in tribunale dal carrozziere Carmine Belli, durante il primo e il secondo grado di giudizio che vedeva sul tavolo degli imputati la famiglia Mottola poi assolti, il bigliettino intestato allo studio del dentista di Mambro, trovato nella sua officina, e dove sopra c’era segnato l’appuntamento dato a Serena Mollicone per una visita, venne trovato in suo possesso perché aveva acquistato l’automobile del medico e lo aveva trovato all’interno. Ma alla luce di quanto dichiarato dal professionista che aveva in cura la vittima, questo non sarebbe stato possibile non avendo mai avuto una Porsche e sostenendo di non aver mai conosciuto Belli. Secondo l’accusa il bigliettino sarebbe stato lasciato nella carrozzeria di Belli da Mottola.

La famiglia Mottola assolta in due gradi di giudizio 

Il 12 luglio scorso, i giudici della corte d’Assise d’Appello di Roma, hanno assolto per la seconda volta l’allora comandante della stazione dei carabinieri di Arce, Franco Mottola, la moglie Annamaria e il figlio Marco. La procura generale aveva sollecitato 24 anni di carcere per l’ex maresciallo, 22 per Marco come pure per Annamaria. Secondo l’accusa, il cadavere della studentessa, ritrovato nel bosco di Fontecupa, nel comune di Fontana Liri, venne abbandonato ancora agonizzante in quella località dopo che era stata tramortita nella caserma di Arce, con un colpo sferrato sbattendole la testa sulla porta, perno centrale dell’inchiesta, poi scaturita nel processo. Assolti anche i carabinieri Francesco Suprano e Vincenzo Quatrale. La procura generale della Corte d’Appello di Roma, ha presentato ricorso in Cassazione.

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