Il comandante dell'Arma in una lettera assicura una presa di responsabilità da parte del corpo militare

"Chi risulti colpevole di reati infamanti non potrà indossare la divisa, quella degli innumerevoli carabinieri che per essa hanno dato la vita, che ogni giorno la rischiano e che in futuro dovranno continuare a farlo, senza nessun tentennamento, per la tutela dell'ordinamento democratico e per il bene comune. Dobbiamo fermezza a una famiglia colpita dal lutto, a un Paese che ci ama ed è smarrito di fronte a ciò che sente". Il comandante generale dell'Arma Giovanni Nistri, in una lettera inviata a Repubblica, commenta così gli ultimi sviluppi della vicenda Cucchi, il geometra romano pestato a morte dopo essere stato arrestato per possesso di droga il 22 ottobre 2009, tra cui l'audio di un carabiniere che dice: "Magari morisse, mortacci sua…".

"Una sincera assunzione di responsabilità è doverosa e ad essa non intendiamo sottrarci – aggiunge il generale -. Per il riscatto che ci chiede abbiamo una sola strada: trarre lezione anche da fatti tanto deplorevoli, per evitare che si ripetano. Li porteremo quale esempio di cosa non fare, nelle nostre scuole, ai giovani che si sono appena arruolati. Ne discuteremo nei reparti, dove chi opera sulla strada è costretto a fronteggiare il quotidiano oltraggio della violenza, ma a quella violenza non deve mai indulgere". 

Sono cinque i militari a processo, davanti alla prima corte d'assise di Roma, nell'ambito dell'inchiesta bis sulla morte di Cucchi: Alessio Di Bernardo, Raffaele D'Alessandro, Francesco Tedesco, rispondono di omicidio preterintenzionale. Tedesco risponde anche di falso nella compilazione del verbale di arresto di Cucchi e calunnia insieme al maresciallo Roberto Mandolini, all'epoca dei fatti a capo della stazione Appia, dove venne eseguito l'arresto. Vincenzo Nicolardi, anche lui carabiniere, è accusato di calunnia con gli altri due, nei confronti degli agenti di polizia penitenziaria che vennero accusati nel corso della prima inchiesta sul caso. 

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