Slitta la sentenza sul tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni che accompagnò in Svizzera a morire l'artista tetraplegico e cieco
Essere liberi o meno di scegliere sul fine vita. É questo il tema su cui i giudici della Corte Costituzionale sono chiamati a pronunciarsi. Dieci mesi dopo l'approvazione del testamento biologico, mentre il disegno di legge sull'eutanasia giace da 5 anni indiscusso in Parlamento, si torna a parlare di libertà di decidere sulla propria vita, su come affrontare la malattia e la morte.
La decisione dei giudici della Consulta potrebbe cambiare profondamente la situazione. La Corte costituzionale è infatti chiamata a pronunciarsi sulla costituzionalità proprio del reato di aiuto al suicidio. A sollevare l'eccezione di costituzionalità sono stati i giudici della Corte d'Assise di Milano davanti ai quali è aperto il processo a Marco Cappato. L'esponente radicale e leader dell'associazione Luca Coscioni per la libertà di cura, ha accompagnato nella clinica Dignitas, vicino a Zurigo Fabiano Antoniani, per tutti Dj Fabo, il 40enne milanese rimasto tetraplegico, cieco, dipendente dalle macchine per respiro e nutrizione, dopo un incidente automobilistico. E che per questo scelse il suicidio assistito. "Siamo in attesa della sentenza davanti al Parlamento in presidio, perché comunque vada è proprio il Parlamento che deve assumersi le proprie responsabilità e finalmente discutere, dopo 5 anni, la nostra legge di iniziativa popolare, perché non è avvenuto nemmeno per un minuto", ha dichiarato Cappato.
Nel febbraio scorso Cappato era stato assolto dall'imputazione di istigazione al suicidio. È rimasta in piedi l'accusa di aiuto al suicidio che prevede fino a 12 anni di carcere. I giudici milanesi, però, avevano chiesto una sospensione in attesa di un giudizio di costituzionalità proprio sull'articolo 580 del codice penale. Norma che sia per la difesa di Cappato sia per il procuratore aggiunto milanese, Tiziana Siciliano, risente delle influenze dell'epoca fascista, in cui l'intero codice Rocco fu scritto.
"Non chiediamo che venga riconosciuto un 'diritto a morire', ma il diritto a essere aiutati quando ci sono situazioni estreme", è la posizione espressa dai legali di Cappato, Filomena Gallo e Federico Manes, durante l'udienza nel palazzo della Consulta. Nell'ordinanza i giudici di Milano avevano passato in rassegna le sentenze sui casi Welby ed Englaro, le pronunce della Corte europea dei diritti dell'Uomo sul fine vita, la legge sul biotestamento, che hanno via via ritoccato il perimetro dei diritti in quest'ambito.
Dj Fabo aveva scelto liberamente di mettere fine alle sua sofferenze e aveva anche rilasciato un'intervista a 'Le Iene', con l'aiuto della fidanzata Valeria Imbrogno. Ora si chiede alla Consulta di abbattere un muro eretto intorno al "diritto a porre fine alla propria esistenza" quale "libertà della persona". Dopo la morte di Davide Trentini, il giovane malato di sclerosi multipla che avevano aiutato ad andare in Svizzera, Cappato e Mina Welby si erano ancora una volta autodenunciati alle autorità.
"Avevo capito che tra gli obiettivi di questo governo ci fosse la rapida trattazione delle leggi di iniziativa popolare: la nostra legge per l'eutanasia legale attende da cinque anni – ha ribadito Cappato – Se un Presidente del consiglio interviene in giudizio contro di me invocando l'inammissibilità e infondatezza della questione e rimandando all'intervento del legislatore, questa è un'assunzione di responsabilità politica". Il verdetto della Corte è slittato a mercoledì, dopo che la camera di consiglio è stata aggiornata perché le udienze programmate martedì si sono protratte più del previsto.
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