La strage di via D'Amelio, l'attentato mafioso che nel '92 costò la vita al magistrato Paolo Borsellino e agli agenti della sua scorta, "è uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana". Lo sostengono i giudici della corte d'assise di Caltanissetta che hanno depositato le motivazioni della sentenza Borsellino quater. Nelle oltre 1800 pagine si punta il dito contro "soggetti inseriti negli apparati dello Stato" che costruirono a tavolino falsi pentiti, come Vincenzo Scarantino, per depistare le indagini: tra questi anche l'allora capo della squadra mobile di Palermo, Arnaldo La Barbera, nel frattempo deceduto, che coordinò le indagini sull'attentato. Il depistaggio era costato la condanna all'ergastolo a sette innocenti, poi scarcerati e scagionati nel processo di revisione.
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