Caltanisetta, 19 gen. (LaPresse) – Gli agenti della Direzione investigativa antimafia di Caltanissetta, sotto il coordinamento della Procura distrettuale antimafia locale, hanno confiscato beni per un valore di 50 milioni di euro, tra cui 10 imprese, 25 fabbricati e 350 ettari di terreni, riconducibili a Paolo Farinella, imprenditore 71enne della provincia di Palermo, residente a Caltanissetta. L’uomo è ritenuto dagli investigatori un interlocutore privilegiato di personaggi di spicco di Cosa nostra nei territori di Caltanissetta e Palermo. L’operazione di confisca, che trae origine da un’indagine giudiziaria correlata a diverse segnalazioni di operazioni bancarie sospette, è stata disposta dal tribunale di Caltanissetta (Sezione misure di prevenzione).

Le indagini hanno avuto origine da alcune segnalazioni di operazioni bancarie sospette avvenute presso una azienda bancaria nella provincia di Caltanissetta, che hanno riguardato movimenti bancari eseguiti dal Paolo Farinella e dalla figlia Rosalba. Entrambi risultavano essere titolari o comunque cointeressati in diverse imprese di costruzioni di opere pubbliche, che si erano aggiudicate numerosi e cospicui appalti in tutto il territorio nazionale, titolari di aziende agricole e proprietari di numerosi fabbricati e appezzamenti di terreno (circa 350 ettari) situati nelle province di Caltanissetta e Palermo. Dalle indagini è emerso che, dopo la morte del cugino Cataldo Farinella, costruttore pienamente inserito nella Cosa nostra palermitana e coinvolto nella cosiddetta ‘mafia degli appalti’, Paolo, anch’esso implicato nella vicende, è subentrato di fatto nella gestione delle imprese del cugino, mantenendo, sostanzialmente, rapporti con personaggi di spicco della organizzazione mafiosa nissena, palermitana e del trapanese. In particolare si è scoperto che il latifondo situato presso contrada Mimiani a Caltanissetta, – circa 300 ettari con annessa azienda agraria e fabbricati rurali – è stato utilizzato, in passato, anche come riserva di caccia da alcuni dei più noti esponenti di Cosa nostra siciliana, tra cui Bernardo Provenzano e Giovanni Brusca, anche nel corso delle loro latitanze.

Il terreno, produttivo di ingenti rendite fondiarie, risulta anche beneficiato da cospicui contributi pubblici erogati dall’Agea. Diversi controlli di natura bancaria hanno consentito di accertare che le rendite finanziarie, sostanzialmente derivanti da un bene acquisito con capitali di provenienza illecita, sono state utilizzate per finanziare le imprese di costruzione riconducibili a Farinella, acquistare beni immobili intestati ai componenti del suo nucleo familiare e sovvenzionare la vedova del cugino Cataldo, in virtù di un informale ‘obbligo d’onore’. Da qui il sequestro di 10 imprese, 25 fabbricati e terreni per 350 ettari del valore complessivo di 50 milioni di euro.

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