52 uomini della polizia penitenziaria coinvolti per la rivolta dell'aprile 2020

Quattro ore di torture ai detenuti, fra calci, pugni e manganellate. Poi depistaggi e referti mendaci. E’ questa la ricostruzione operata dalla procura presso il tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), in relazione a quanto avvenuto il 6 aprile 2020 nel carcere ‘Franco Uccella’. Questa mattina il gip ha emesso 52 misure cautelari: tortura, maltrattamenti, lesioni personali, falso in atto pubblico, calunnia, favoreggiamento e depistaggio i reati contestati. Sono 8 le misure cautelari in carcere, 18 quelle ai domiciliari, 3 obblighi di dimora e 23 misure interdittive della sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio. Il 5 aprile 2020 si scatenò una rivolta fra i detenuti del padiglione ‘Nilo’. Il giorno successivo fu disposta una perquisizione straordinaria.

Ed è lì, che per procura e gip, si sarebbero consumate le presunte violenze. Una “orribile mattanza“, è stato definito così nell’ordinanza del gip, secondo quanto riferito dal procuratore della Repubblica presso il tribunale di S.M. Capua Vetere, Maria Antonietta Troncone, durante la conferenza stampa di questa mattina, quanto accaduto. I detenuti sarebbero stati tirati fuori dalle celle, in un corridoio umano attraverso il quale sarebbero stati costretti a camminare, subendo calci, pugni, schiaffi alla nuca, violenti colpi di manganello e umiliazioni come l’inginocchiamento o la rasatura di barba e capelli. Un’azione che, secondo gli inquirenti, avrebbe avuto lo scopo di recuperare il controllo del carcere.

La ricostruzione dei fatti è stata possibile grazie ai filmati dell’impianto di videosorveglianza interna della struttura e dalle chat recuperate dagli smartphone sequestrati agli agenti. In totale gli indagati sono 117. Ma, come ricostruito dagli inquirenti, nella perquisizione violenta del 6 aprile 2020 intervennero 283 agenti: arrivarono infatti anche gruppi da Secondigliano (Napoli) e Avellino, molti non identificati. Stando a quanto comunica la procura, sarebbero stati attuati anche depistaggi. Foto false in celle vuote, ad esempio, per dimostrare la pericolosità dei detenuti. Una “messa in scena”, dice la procura, per accreditare la tesi secondo cui le lesioni subite dai detenuti fossero causate dalla necessità di vincere la loro resistenza.

Coinvolto anche il provveditore delle carceri della Campania, Antonio Fullone, raggiunto da una misura interdittiva. E’ accusato di di depistaggio, falso ideologico e favoreggiamento. Indagati a piede libero anche due medici dell’Asl Caserta che avrebbero attestato la falsa origine di presunte lesioni riportate da alcuni agenti del carcere dopo la rivolta. “Sono stati presi questa mattina all’alba, non sono criminali, ma forze dell’ordine”, ha dichiarato a LaPresse Emilio Fattorello, segretario nazionale Sappe e responsabile Campania. “Mele marce vanno allontanate da un corpo che lavora con grande efficienza”, ha invece commentato Samuele Ciambriello, garante dei detenuti della Campania, che denunciò l’accaduto.

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