Le tecniche dell'allenatore azzurro per restare in gioco

Se la lotta scudetto è ancora semi-aperta il merito è tutto del Napoli di Carlo Ancelotti. Una squadra quadrata, solida e ben messa in campo che lunedì ha saputo espugnare un campo difficilissimo come quello di Bergamo contro l'Atalanta portandosi così a -8 dalla corazzata Juventus, con la speranza di accorciare ulteriormente il gap nel prossimo turno che vedrà in scena da un lato Juventus-Inter, anticipo di lusso del venerdì sera, e dall'altro Napoli-Frosinone, sabato prossimo alle 15.00 al San Paolo, gare fondamentali per capire se il campionato è ancora vivo oppure no.

LA SOLIDITÀ – Tornando al successo sull'Atalanta, non può passare sotto traccia la doppia intuizione di Ancelotti sia nella scelta degli uomini (stop al turnover) e sia del modulo, quel 4-4-2 che sembrava quasi demodé per tanti allenatori europei e che invece in pochi mesi è diventato il vero marchio di fabbrica dei partenopei. Non un 4-4-2 vecchio stampo, bensì di un modulo duttile che si trasforma spesso in un 3-5-2 grazie a due interpreti: Maksimovic a destra, bloccato in fase di copertura al fianco di Albiol e Koulibaly, e Mario Rui a sinistra da esterno a tutta fascia, in simbiosi con Callejon sul lato opposto. E non è un caso che proprio il terzino portoghese sia stato uno degli uomini decisivi nella vittoria contro la squadra di Gasperini, sia per l'intensità mostrata in campo sia per le qualità di palleggio, non ultimo l'assist quasi allo scadere per il gol di Arek Milik, tutt'altro che banale.

IL PALLEGGIO – Ma se il Napoli ha battuto la Dea, merito è stato anche dei palleggiatori in mezzo al campo, Marek Hamsik e Fabian Ruiz, decisivi ognuno a suo modo: il capitano è in netto crescendo di condizione e ha disputato un'altra partita quasi perfetta in cabina di regia, smistando palloni di qualità per i suoi compagni e fungendo anche da schermo davanti alla difesa, in compagnia del fidato Allan. Per lo spagnolo ex Betis poi sembrano già finiti gli aggettivi, un giocatore che in barba ai suoi 22 anni mostra già la calma di un veterano, svariando molto sulla trequarti alla ricerca del varco giusto, come dimostrato in occasione del fulmineo 1-0, finalizzando il contropiede di Insigne con un delizioso tocco di sinistro che ha messo subito la gara sul binario giusto.

LE MOSSE – Poi però nel secondo tempo il Napoli ha sofferto maledettamente il ritorno dell'Atalanta, che per oltre 20 minuti (dal 45' al 70') ha messo alle corde gli azzurri siglando anche il meritato pareggio con l'ex Zapata (tra i migliori in assoluto), mostrando tutta un'altra tempra rispetto alla prima frazione. Ed è qui che Ancelotti ha calato l'asso nella manica, azzeccando praticamente tutti i cambi dalla panchina: Hysaj al posto di Maksimovic, Zielinski al posto di uno stremato Fabian, ma soprattutto Arek Milik per un opaco Dries Mertens. E il bomber polacco non ha perso tempo, visto che in soli tre minuti ha mostrato a tutti di che pasta sia fatto: stop e tiro al volo di sinistro da grande attaccante, una giocata che da sola vale il prezzo del biglietto e che ha messo a tacere tutte le critiche piovute su di lui nell'ultimo mese e mezzo, rete valsa vittoria e tre punti decisivi per la lotta alle zone nobili della classifica. Che sia la gara della svolta per il numero 99 polacco? Difficile dirlo, ma un merito gli va riconosciuto: se esiste ancora un campionato il merito è anche del ragazzo originario di Tychy.

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