La scoperta è stata fatta da un gruppo di ricercatori diretto da Giovanni Blandino e Giannino Del Sal

Da oltre 30 anni diverse ricerche nel mondo cercano di far luce sui segreti dei mutanti della proteina p53 per capire come questi riescano a scatenare tumori e metastasi.  Parallelamente, un grande interesse si è concentrato negli ultimi anni sulla proteina YAP che, presente in maniera abnorme in moltissimi tumori, è senza dubbio un altro importante protagonista della trasformazione tumorale e della propensione dei tumori a dare metastasi e a resistere alla chemioterapia.

Ora, però, dal lavoro di un gruppo di ricercatori diretto da Giovanni Blandino,coordinatore delle attività di ricerca del laboratorio di Oncogenomica Traslazionale dell'Istituto Tumori Regina Elena di Roma, e da Giannino Del Sal, direttore del Dipartimento di Scienze della Vita dell'Università di Trieste e capo dell'unità di oncologia molecolare del Laboratorio Nazionale CIB di AREA Science Park a Trieste, emerge uno scenario che vede questi due pilastri molecolari dei tumori intimamente connessi.

Sono più della metà i pazienti con cancro che nel patrimonio genetico delle cellule malate hanno mutazioni nel gene che codifica per la proteina p53. Queste alterazioni sono tra i tratti principali che contraddistinguono e segnano il destino delle cellule tumorali. La proteina p53, quella normale, è considerata uno dei più potenti freni alla trasformazione maligna. Quando tutto funziona regolarmente, essa lavora a difesa dell'integrità del genoma, impedendo alle cellule di riprodursi in presenza di alterazioni nella sequenza del proprio DNA. Danneggiamenti del DNA non sono infrequenti durante la vita di una cellula e possono insorgere per svariati motivi. Non sono pericolosi, a patto che la cellula si impegni a ripararli prima di continuare sulla propria strada, per non correre il rischio di accumulare mutazioni che possono indurne la trasformazione. P53 controlla queste delicate operazioni, in concerto e in associazione con altre proteine fondamentali.
Nei tumori, p53 viene persa o più di frequente si ritrova in forma mutata. Da guardiano buono, si trasforma così, nelle sue forme alterate, in un pericoloso nemico che accelera la trasformazione tumorale e la progressione della malattia verso esiti infausti.

Nonostante le intense ricerche, i meccanismi attraverso cui queste proteine aberranti agiscono sono ancora in parte sconosciuti. Per esempio, mentre si sa che i mutanti di p53 sono in grado di indurre l'espressione di geni che spingono le cellule tumorali a proliferare senza controllo, a oggi si conoscono solo alcuni dei partner con cui essi si associano per controllare e alterare l'espressione di questi e altri geni.

"Oggi possiamo dire che tra questi partner c'è anche YAP", afferma Blandino e spiega: "YAP è una proteina capace di guidare la trascrizione di geni e quindi il comportamento delle cellule. Attiva geni che servono a far crescere gli organi durante lo sviluppo embrionale e a rigenerare e rinnovare i tessuti adulti. Nei tumori tuttavia YAP sembra sfuggire ai rigidi controlli ai quali solitamente è sottoposta e per questo, accumulandosi nel nucleo delle cellule, le riprogramma rendendole più attive nella proliferazione, maligne e capaci di dare origine alle metastasi".

Il team coordinato da Blandino e da Del Sal ha scoperto che YAP e le proteine p53 mutate, insieme, sono responsabili dell'attivazione di una serie di geni che spingono le cellule tumorali a proliferare senza controllo. Per dare il via a questo programma è necessario, infatti, che le proteine interagiscano fisicamente. A riprova dell'importanza della relazione fatale, messa in luce dai ricercatori analizzando un gruppo di pazienti con tumore al seno, emerge chiaramente che nel tessuto malato l'espressione anormale di geni della proliferazione è correlata alla contemporanea presenza di mutanti della proteina p53 e di YAP iperattivo e che questi sono associati a un peggior andamento della malattia.

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