L'ex presidente del Consiglio lancia la sfida al Movimento Cinque Stelle

La 'fase due' del congresso Pd è appena iniziata ma Matteo Renzi è già in campo per la campagna elettorale 'con vista' su palazzo Chigi. Dal podio della sala congressi dell'hotel Ergife – il palcoscenico è lo stesso dell'assemblea dem che certificava la sua sconfitta al referendum del 4 dicembre – l'ex premier si lancia in un discorso da segretario Pd e candidato premier 'in pectore'. Inutile marcare le differenze rispetto "al compagno di strada": l'avversario è fuori, è la linea. Il M5S a Ivrea "ha lanciato un'Opa sul futuro dell'Italia, ha raccontato un orizzonte e se l'è intestato", scandisce. Ecco allora che la sfida è rivendicare il futuro "da questa parte del campo", ed è una sfida, sottolinea Renzi, che "accettiamo a viso aperto: non ci fanno paura, nessuna timidezza o disagio".

L'ex premier segna quindi "le differenze" rispetto ai pentastellati: scienza (e vaccini) contro scie chimiche, lavoro (e innovazione, ma non senza tutele) contro assistenzialismo e intelligenza artificiale, ma anche (e soprattutto) democrazia contro dinastia. Hanno "fortunatamente" trovato un leader "in Davide Casaleggio, dandoci la possibilità di un confronto serio e pacato", ironizza. La democrazia, però, sottolinea Renzi, ha anche le sue leggi. Se è vero che "questo è il posto che tutti le democratiche e i democratici possono chiamare casa", è vero anche che in una casa "le regole si rispettano tutti e non si passano i prossimi 4 anni a bombardare il quartier generale", mette in chiaro.

Promette di non farlo Andrea Orlando: "Dal primo maggio si lavora insieme", assicura, ma – intanto – il ministro della Giustizia dimostra di credere ancora nella partita e dà battaglia. "Il nostro errore principale è stato fare le riforme senza il popolo". Il Guardasigilli prova la rimonta a sinistra: "Va bene" parlare con Marchionne "che guadagna come mille operai, ma vogliamo parlare anche con i restanti 999? Sono stato davanti ai cancelli di Mirafiori e non mi sarei sorpreso se mi avessero mandato via a calci". Renzi però non lascia molto spazio all'avversario: "Se non ti hanno preso a calci Andrea – replica – è perché noi abbiamo contribuito a tenerle aperte quelle fabbriche grazie anche al lavoro fatto da Sergio Marchionne. Noi siamo il partito del lavoro, non altri". Botta e risposta tra i due anche sulla legge elettorale. "Se non troviamo i voti è perché non li stiamo cercando", attacca Orlando, aggiungendo un "io ci sono" rispetto a "governabilità e collegi uninominali". "Se tutti si mettono d'accordo per dire no ogni nostra proposta, dico che ora tocca a loro fare una proposta", ribadisce l'ex premier che non dimentica come, dopo l'affaire che ha riguardato la commissione Affari costituzionali di palazzo Madama, "in Parlamento in questo momento c'è la stessa maggioranza che ha detto No al referendum".

Dall'ospedale in cui è ricoverato a Foggia per la rottura del tendine di Achille, attraverso un videomessaggio, chiede un cambio di passo al Pd Michele Emiliano: "Dobbiamo uscire dalla logica di un uomo solo che salva tutti, dobbiamo entrare nella logica dei tutti che aiutano ciascuno nello svolgimento del proprio ruolo e che gli evitano gli errori". Il Governatore pugliese ribadisce il No della sua mozione ad ogni ipotesi di larghe intese ma invita i dem "chiudere" con un rapporto troppo "duro" nei confronti del M5S: "la stragrande maggioranza di quegli elettori sono nostri elettori che sono ancora lì, a metà", avverte. Emiliano ringrazia poi quanti avevano accettato l'idea di un possibile rinvio dei gazebo del 30 aprile a causa del suo infortunio (un "sì" era arrivato da Orlando, mentre i renziani Rosato e Guerini avevano bocciato la proposta), ma frena. "Non voglio assolutamente condizionare i tempi delle primarie. Non ho chiesto nulla in tal senso", dice. La corsa al Nazareno continua.

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