di Matteo Bosco Bortolaso

Roma, 21 set. (LaPresse) – Mentre gli immigrati da Siria e Iraq vengono rimpallati tra i confini croato, ungherese, sloveno e austriaco, a Bruxelles fervono i preparativi per trovare una soluzione per risolvere l’emergenza immigrazione. La capitale europea ospiterà prima i ministri degli Interni, che si riuniranno domani, quindi i capi di Stato e di governo, che si vedranno nella serata di mercoledì. Si discuterà anche di hotspot, i centri di prima accoglienza e identificazione dei migranti: l’Italia dovrebbe aprirne una manciata, mentre l’Ungheria sembra sfilarsi da tale impegno. E il suo premier Viktor Orban propone il suo muro ad modello: “Costruire barriere è la soluzione, seguite il nostro esempio”.

I rappresentanti dei 28 Paesi dell’Ue stanno lavorando alacremente per sciogliere i nodi in maniera meno traumatica possibile: si tenterà di tutto per evitare divisioni e voti a maggioranza, che rischierebbero di mostrare un’Unione ancora una volta divisa, incapace di affrontare l’emergenza umanitaria con una sola voce. Per mettere d’accordo tutti, però, il rischio è di arrivare a un compromesso al ribasso, che quasi certamente non sarà vincolante: il suo successo sarà perciò legato alla buona volontà delle singole capitali.

In base alle prime bozze di accordo circolate a Bruxelles, sembrano pronte le grandi linee di un piano sulle quote per suddividere i profughi tra i diversi Paesi europei. Ogni capitale dovrebbe decidere volontariamente quante persone accogliere, ma se non lo farà – questa la novità – dovrà poi pagare una ‘multa’ di 6.500 euro per persona non accolta. Federica Mogherini, responsabile della politica estera e di difesa europea, osserva che un accordo “darebbe credibilità” all’Unione con i partner internazionali.

Ma diversi Paesi dell’Est hanno alzato la voce contro questo sistema. Gianni Pittella, capogruppo dei Socialisti&Democratici al Parlamento europeo, ha rilevato che l’Europa dell’Est “si mette incredibilmente di traverso sull’agenda dei migranti” e che tale comportamento comporta un rischio di spaccatura nell’Ue.

A distinguersi all’interno del blocco orientale è l’Ungheria del premier Orbàn, criticato da più parti per la linea durissima contro i migranti. Budapest sembra infatti aver accettato l’idea di farsi carico di circa 54mila profughi che, secondo un primo piano Ue, avrebbe potuto ‘girare’ ad altri Paesi dell’Unione meno colpiti dalle ondate migratorie.

La mossa di Budapest fa apparire ancora più imprevedibile il leader magiaro, che di recente ha ordinato la costruzione di barriere ai confini dell’Ungheria, per impedire l’entrata di nuovi immigrati. Perché ora accetterebbe di tenerne decine di migliaia nel proprio Paese? Gli osservatori più cinici osservano che in fondo, al di là dei numeri dei documenti europei, ben pochi migranti sarebbero disposti a rimanere in Ungheria. Fonti diplomatiche, per di più, sostengono che Budapest avrebbe rinunciato a ‘scaricare’ altrove i 54mila immigrati per liberarsi di un altro fardello, quello degli hotspot, i centri di prima identificazione che la Commissione ha chiesto, oltre che all’Ungheria, anche a Italia e Grecia.

L’indiscrezione sugli hotspot resta per il momento non confermata: bisognerà attendere notizie da Budapest o da Bruxelles per capire se è vera. Peraltro anche l’Italia, attraverso il ministro dell’Interno Angelino Alfano, aveva posto dei paletti alla realizzazione dei centri di identificazione e smistamento.

Mentre la diplomazia e la politica sono al lavoro, dai fronti dei flussi continuano a giungere notizie angoscianti. A bordo di una unità militari, 339 migranti sono attesi domani a Messina; e il traffico di treni e camion tra Croazia e Ungheria, dove nel fine settimana ci sono stati quasi 19mila arrivi, procede a singhiozzo.

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